Il Tirreno

Grosseto

Medaglie d'onore alla memoria

Emilio Olivieri, dai sommergibili in Atlantico al campo di Mauthausen

Gabriele Baldanzi
Emilio Olivieri e, a destra, il figlio Carlo
Emilio Olivieri e, a destra, il figlio Carlo

Durante la guerra salvò l’equipaggio dell’incrociatore tedesco Atlantis, fu poi catturato in Francia

01 febbraio 2021
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ROCCATEDERIGHI. «Il Giorno della memoria serve proprio a questo, a togliere la polvere da storie e personaggi che non meritano l’oblio». Sono le parole con le quali Carlo Olivieri si è presentato, il 27 gennaio, alla cerimonia organizzata dalla prefettura di Grosseto, dall’Isgrec (Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’età contemporanea) e dall’Anpi (Associazione nazionale partigiani d’Italia), nel Giorno della memoria, per parlare del padre, Emilio Olivieri, comandante sommergibilista della Regia Marina, deportato nel 1943 a Mauthausen.

La cerimonia è stata l’occasione per annunciare ufficialmente il conferimento della medaglia d’onore alla memoria a Emilio Ulivieri e ad altri due maremmani, Firmo Carresi di Grosseto e Carlo Pantaloni di Santa Fiora da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

L’ufficiale Emilio Olivieri, classe 1905, figlio di un generale, era nato a Bologna ma si era presto trasferito in Toscana. Sommergibilista, già prima della guerra era stato insignito della croce di ferro e di medaglie al valor militare.

«Mio padre – racconta Carlo – a 15 anni entrò all’Accademia navale di Livorno, con la volontà di ripetere nella Regia Marina la brillante carriera militare del padre. E ci riuscì. Nel 1938, alla mia nascita, risulta comandante-istruttore del corso Uragano, due anni più tardi comandante sommergibilista alla base di Bordeaux. Operava nell’Atlantico, il mio babbo, e durante la prima fase della guerra, tra il 1940 e il 1943, si rese protagonista di azioni importanti, come il rocambolesco salvataggio dell’equipaggio dell’incrociatore Atlantis della Marina tedesca, affondato dagli inglesi».

Da comandante in seconda dell’incrociatore Trieste, per Olivieri la guerra non fu semplice. «Il 10 aprile 1943 – racconta Carlo – una formazione di quadrimotori americani bombardò gli incrociatori Trieste e Gorizia all’ancora a Palau davanti all’arcipelago della Maddalena in Sardegna. La nave non aveva una goccia di nafta, né una contraerea adeguata a questo tipo di attacchi. Il Trieste fu colpito da molte bombe e affondò il giorno stesso. Mio padre si salvò per miracolo. I morti furono decine. Qualche giorno dopo riuscì a raggiungere Tolone, dove mise la sua esperienza al servizio dei francesi per recuperare alcune navi affondate in porto».

Il 9 settembre del 1943 Emilio Olivieri viene catturato dai tedeschi in Francia e trasferito nel lager di Mauthausen e poi a Czetstokowa, in Polonia. «Non ha mai parlato con me di quel periodo – prosegue Carlo – e credo poche volte lo abbia fatto con mia madre. I due anni dal 1943 al 1945 non so esattamente dove li abbia trascorsi. So che venne spostato più volte, infine liberato in Olanda. Pesava meno di 50 chili. Noi, io e mamma, nel frattempo vivevamo a Firenze».

Nel secondo dopoguerra Olivieri fu reintegrato nella Marina italiana e proseguì la sua carriera. Nel 1946 fu messo a capo del cacciatorpediniere Carabiniere, poi nominato comandante della base navale della Maddalena. E ancora, negli anni, comandante della costruenda scuola interforze per radiotelegrafisti di Chiavari, comandante della nave scuola Amerigo Vespucci, comandante dell’incrociatore Garibaldi, delle scuole Cemm di Taranto, della base navale di Ancona. Insomma ruoli di primo piano.

Infine la carriera da diplomatico, prima della pensione maturata con il grado di capitano di vascello: addetto navale, militare e aeronautico alle ambasciate d’Italia di Brasile, Venezuela, Colombia, Ecuador e altri Paesi dell’America latina.

Carlo Olivieri vive a Roccatederighi da 23 anni, dove ebbe sede il campo di smistamento provinciale al seminario vescovile. «Conosco la storia del campo di smistamento del seminario, l’ho approfondita proprio in forza di ciò che era accaduto al mio babbo, deportato per la divisa che indossava», dice Carlo. Manager in pensione del settore enogastronomico, per Carlo la medaglia d’onore alla memoria del padre è un punto d’orgoglio.

Di lui conserva poche foto e ne ha riscoperto solo di recente le vicissitudini legate alla guerra. Emilio è morto a Firenze nel novembre del 1980. —


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