Il Tirreno

Grosseto

Affondò al Giglio nel 600 a.C., ora rivive al museo

di Andrea Capitani
Affondò al Giglio nel 600 a.C., ora rivive al museo

Dopo un lungo restauro arriva all’Argentario un pezzo della chiglia di un’antica nave greca

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MONTE ARGENTARIO. Un nuovo reperto per il museo Memorie sommerse all’interno della Fortezza Spagnola a Porto Santo Stefano. Si tratta di un parte della chiglia del relitto di epoca arcaica ritrovato all’isola del Giglio, in località Campese, consegnato ieri mattina dalla Soprintendenza ai beni archeologici di Firenze a Coopera, il gruppo che gestisce la Fortezza a Porto Santo Stefano e il Forte Stella a Porto Ercole.

Risalente addirittura al 600 avanti Cristo, l’imbarcazione greca, affondata proprio nei pressi della spiaggia gigliese, è uno dei reperti più importanti situati all’interno dell’arcipelago toscano.

Era una sorta di emporio ambulante che arrivava, secondo le rotte del tempo, dalla Grecia, attraversando lo stretto di Messina fino ad arrivare proprio al Giglio, dove esisteva un insediamento etrusco per rifornirsi di acqua e scambiare materiale, per poi proseguire verso la Francia.

Già negli anni Sessanta alcuni sommozzatori saccheggiarono dei reperti trovati nelle immersioni del golfo del Campese. Fu poi l’archeologo subacqueo inglese Mensun Bound a interessarsi al relitto, curando una vera e propria indagine poliziesca. Ottenne nel 1982 il permesso a cercare i resti e, successivamente a iniziare gli scavi, terminati nel 1985.

Da lì cominciò l’opera di restauro da parte della Soprintendenza, terminata solo recentemente a Pisa a causa di problemi di carattere logistico che ne avevano fermato le operazioni. Il tutto è stato portato a compimento proprio ieri, con i frammenti dell’asse della chiglia (il più lungo è di 193 centimetri) consegnati al museo Memorie sommerse in Fortezza Spagnola.

I resti sono stati inseriti in una teca di vetro, andando a completare la stanza del museo che vede, al suo interno, i numerosi oggetti trovati durante gli scavi.

Il relitto infatti, al momento del suo naufragio, conteneva un carico incredibile: metalli come lingotti di rame e piombo, ceramiche, profumi e unguenti, anfore, oltre a flauti in legno (ricostruiti dal musicista Stefano Cocco Cantini), ma anche delle olive di cui sono stati addirittura trovati dei noccioli.

«Tutto questo – sottolinea Alessandro Fichera, responsabile di Coopera – è stato possibile grazie all’impegno della soprintendenza ai beni archeologi di Firenze, specialmente nella persona della dottoressa Paola Rendini, ma anche dell’amministrazione comunale, con il delegato alla cultura Umberto Amato e la dottoressa Carla Casalini».

«Nei primi anni Ottanta – aggiunge la dottoressa Rendini – non c’era una tecnica così all’avanguardia come quella presente attualmente nel nostro “centro di restauro del legno bagnato”, che si trova a Pisa ed è diretto dal mio collega Andrea Camilli. Il restauro del frammento della chiglia è durato quasi trent’anni: è iniziato in un certo modo, poi si è dovuto attendere di avere dei locali idonei e, alla fine, è arrivato a compimento. Si tratta di un relitto molto importante, una pietra miliare per lo studio del commercio in età arcaica, all’inizio del sesto secolo avanti Cristo».

Il nuovo reperto sarà presentato all’interno della Fortezza Spagnola il 6 dicembre. Per l’occasione si terrà un concerto incentrato sulla musica degli etruschi, tenuto dal musicista Stefano Cocco Cantini che, per l’occasione, utilizzerà dei flauti identici a quelli dell’epoca. Sarà proiettato anche un documentario del regista massetano Stefano Bicicchi.

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