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Gudmundsson smentisce Vanoli, il caso del rigore che spacca la Fiorentina – Cosa succede

di Mario Neri

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Il 10 viola

Viola, spogliatoio diviso in fazioni tra liti e leadership che vacilla

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FIRENZE. Il rigore di Reggio Emilia non è solo un episodio di partita. È diventato il simbolo di una Fiorentina allo sbando, ferita nell’anima prima ancora che in classifica. Albert Gudmundsson rompe il silenzio, prende parola sui social e smentisce pubblicamente il suo allenatore Paolo Vanoli: «Non ho mai rifiutato e non rifiuterò mai un rigore». Una frase che pesa come un macigno, perché nega apertamente la versione fornita dal tecnico nel post-gara e certifica una frattura che ormai non si può più nascondere.

L’allenatore

Secondo Vanoli, l’islandese – primo rigorista – non se l’era sentita. Secondo Gudmundsson, la palla è stata presa da un compagno deciso a calciare e lui ha evitato lo scontro davanti allo stadio pieno. Due verità inconciliabili, che raccontano uno spogliatoio diviso, dove le gerarchie non sono più riconosciute e l’autorità tecnica viene messa in discussione davanti a tutti. Non solo: nel bersaglio dell’attaccante finiscono anche Mandragora e Kean, protagonisti della lite in campo, e indirettamente lo stesso Vanoli.

Il rigore

Il penalty è solo l’ultimo fotogramma di una crisi profonda. La Fiorentina è ultima in classifica, 6 punti in 14 giornate, nessuna vittoria, una difesa che imbarca acqua (24 gol subiti), un attacco sterile e nervoso. E mentre i risultati crollano, il clima si incattivisce. Kean che non esulta dopo il gol di Mandragora, Ranieri che ignora Vanoli al momento della sostituzione, i mugugni continui di un Franchi sempre più deluso. Scene che parlano più di mille statistiche.

Il caso e il messaggio

Gudmundsson, arrivato per essere il riferimento tecnico ed emotivo della squadra, oggi diventa invece il detonatore di un caso che scuote tutto l’ambiente. La sua smentita pubblica è un atto di difesa personale, ma anche un segnale di sfiducia verso la gestione del gruppo. Quando un leader sente il bisogno di correggere l’allenatore davanti all’opinione pubblica, significa che il rapporto è ai minimi storici. Sullo sfondo, l’ombra più inquietante: le minacce social non solo ai calciatori, ma alle loro famiglie. Un salto di qualità inquietante nell’odio, che ha costretto la società a intervenire con una dura nota e a rivolgersi alle autorità. In un ambiente già fragile, è benzina su un incendio fuori controllo.

La Fiorentina oggi è una squadra spezzata in fazioni, senza una guida riconosciuta, con un tecnico già in discussione dopo poche settimane e uno spogliatoio che sembra aver perso fiducia in se stesso prima ancora che nel progetto. Il caso Gudmundsson-Vanoli non è solo un giallo sul dischetto: è la fotografia crudele di una crisi che appare sempre più irreversibile. E mentre all’orizzonte c’è la Conference e poi lo scontro diretto con il Verona, la sensazione è che la partita più difficile, per i viola, si stia giocando dentro lo spogliatoio.

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