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Calcio serie A

Un patto per rinascere ancora

di Francesco Gensini

	Danilo prova a fermare Gonzalez
Danilo prova a fermare Gonzalez

Il ko contro la Juve allontana i viola dalle posizioni della classifica che valgono l’Europa. Ecco perché l’alternativa da cullare è quella di conquistare un trofeo per staccare il pass

09 aprile 2024
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FIRENZE. Oltre la stanchezza, oltre i limiti, oltre le difficoltà con il marchio della reiterazione tanto da farle sembrare ormai insormontabili: la Fiorentina deve e vuole andare oltre tutto questo che continua a frenarne il rendimento in un 2024 davvero sottotono con pochi acuti verso l’alto. E quei pochi sono stati soprattutto nelle competizioni extra campionato, esattamente lì dove la squadra è chiamata ad uno slancio forte, forse fortissimo nel mese e mezzo che manca alla fine della stagione: ci sono due finali da conquistare nuovamente. Almeno l’obiettivo è quello, dichiarato, voluto, cercato.

La finale di Coppa Italia prima, la finale di Conference League poi: l’1-0 nella semifinale d’andata contro l’Atalanta ha avvicinato il viaggio-bis all’Olimpico a distanza di appena dodici mesi per un risultato che sarebbe comunque da sottolineare, ma Biraghi e compagni dovranno difendere quel prezioso ed esiguo vantaggio tra due settimane e un giorno a Bergamo per prendersi tutto lo stadio della Capitale. Ci sarà tempo e modo per pensarci. Intanto, c’è un’altra semifinale da arpionare per avvicinare in quel caso Atene, viaggio bis di quello fatto all’inizio del giugno scorso per andare a Praga a contendere la Conference League al West Ham.

Com’è andata a finire è chiaramente noto e ancora male a tutto l’ambiente viola fa, per questo la squadra di Italiano ci sta riprovando con grande convinzione e grande determinazione: giovedì a Plzen, in Repubblica Ceca non è solo l’andata dei quarti, ma è soprattutto una riprova immediata dell’assioma di partenza per capire se la Fiorentina avrà la forza per sfidare la vincente di Bruges-Paok sulla strada verso il Partenone. Per riuscirci serve la concretezza che non c’è stata a Torino domenica sera, ultimo di più esempi. Serve la qualità più del singolo che di squadra negli ultimi venti-venticinque metri e, non a caso, la palla-gol più clamorosa per pareggiare in casa della Juventus se l’è inventata da solo Nico Gonzalez trovando un incredibile Szczesny a negarli la gioia di una rete che sarebbe rimasta negli annali viola per dinamica e luogo. Serve il ritmo che per un’ora ha fatto completamente difetto alla Fiorentina contro i bianconeri di Allegri e non è nemmeno questo un inedito, ed è molto probabile, anzi sicuro, che le mancanze siano dovute alla somma di tutti i fattori elencati sempre all’inizio: portavoce anche Vincenzo Italiano che il gruppo conosce meglio di chiunque altro. Ma questo è davvero il momento di azzerare tutto, almeno nelle competizioni extra-campionato.

Perché se lì, in Serie A, il percorso per l’Europa non è ancora compromesso ma poco ci manca a causa delle troppe avversarie che ci sono da superare per risalire dal decimo al settimo posto almeno, in Coppa Italia e in Conference League è questione rispettivamente di due e cinque partite. Il ritorno con l’Atalanta e la finale dell’Olimpico contro la vincente di Juventus-Lazio da un lato, le due gare col Viktoria Plzen e le due di semifinale per mettere le mani su Atene dall’altro: sette partite in tutto, complicate e senza appello, ma anche quelle che possono diventare più esaltanti con vista sulla gloria. Ecco perché paradossalmente, però non troppo, anche la sconfitta di Torino ha rafforzato il patto dentro lo spogliatoio della Fiorentina, fatto ad agosto e rilanciato con vigore e passione dopo la scomparsa di Joe Barone: il patto di conquistare un trofeo. E la dedica è già pronta.

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