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Firenze, la scalata choc sulla basilica: follia social a Santa Croce per due ragazzi a caccia di cuoricini e like

di Mario Neri
Firenze, la scalata choc sulla basilica: follia social a Santa Croce per due ragazzi a caccia di cuoricini e like

Due giovani sfidano il pericolo nell’arrampicata, il video virale scatena indignazione. L’Opera annuncia denuncia, ma Firenze sembra un parco giochi per chi cerca like e fama su Instagram e Tik Tok

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FIRENE L’ultima bravata arriva da un video virale, pubblicato sull’account Welcome to Favelas, specializzato in follie da città. Si vedono due ragazzi - agili, incoscienti e in cerca di gloria social - arrampicarsi sulla facciata della basilica di Santa Croce. Uno si sistema beato dietro le statue degli angeli, l’altro, non pago, raggiunge la sommità della Croce. In cima al mondo, o giù di lì.

Risultato: denuncia dell’Opera di Santa Croce ai carabinieri, area transennata, sopralluoghi in quota lunedì con mezzi meccanici e un comunicato che non lascia spazio a equivoci: "Atto grave e irresponsabile. Estremamente pericoloso per chi lo compie e per il patrimonio artistico".Insomma: una performance tra parkour e dissacrazione, in uno dei templi della cristianità. E non è nemmeno una prima volta. A Firenze, nel nuovo millennio dei social, la città dei Medici è diventata una mappa per le imprese di urban climbing, sfide da pubblicare con filtri e hashtag. Monumenti sacri ridotti a quinte teatrali per reel adrenalinici.

Il precedente più clamoroso? La Cupola del Brunelleschi. Correva luglio 2024, e un ragazzo noto come "Dedelate" postò su Instagram il video del secolo: lui che si arrampica all’interno del Duomo, raggiunge la terrazza della Cupola e si mette a camminare con disinvoltura su cornicioni alti decine di metri. Il tutto al grido di "seguitemi per altre follie".

L’Opera del Duomo non ha gradito: scattò la denuncia per intrusione, e i tecnici - una volta ripreso il battito cardiaco - si sincerarono che almeno la Cupola fosse ancora in piedi. Ma fu solo l’inizio. Pochi giorni dopo altri due, stavolta col passamontagna, fecero il bis: scalata, sosta panoramica e video celebrativo. Firenze, da città d’arte, è passata a città da scalata.Un altro scalatore urbano, Paolo Sestini, si immortalò mentre saliva lungo le strutture esterne della Cattedrale. Droni, GoPro, audio incalzante. Un trailer perfetto per un action movie ambientato sul Battistero. E come dimenticare la ragazza che si arrampicò sulla statua del Giambologna, piazza della Signoria, per imitare la posa del Biancone o del David di Michelangelo (con esiti anatomici discutibili)?

Quello che colpisce, più della spettacolarità dell’impresa, è la sistematicità. Firenze è diventata un gigantesco set per sfide estreme: la Cupola come una torre d’allenamento, Santa Croce come un’impalcatura da cantiere. Monumenti trasformati in contenuto, non più da ammirare ma da "conquistare" pixel dopo pixel.Il presidente dell’Opera del Duomo, Luca Bagnoli, tempo fa la disse così: «La cattedrale per qualcuno è anche parco giochi. E questo amareggia». E oggi potremmo aggiungere: è anche palcoscenico, fondo per selfie, sfida verticale. Nel caso di Santa Croce, l’indignazione è stata immediata.

«Siamo di fronte a un atto grave e di grande pericolosità», ha dichiarato l’Opera. Ora la facciata sarà sottoposta a controlli accurati: se ci saranno danni, la denuncia sarà estesa. E le immagini dei due alpinisti urbani finiranno, più che in un reel, in un fascicolo di polizia.Forse è tempo di cambiare prospettiva. Non basta più blindare cancelli e chiudere sagrati. Servono nuove strategie di tutela, perché oggi il nemico non arriva con scalpelli e picconi, ma con smartphone e voglia di "spaccare" su TikTok. Oppure, come suggeriva con ironia un fiorentino sotto il post virale, «regaliamogli un abbonamento in palestra e un biglietto per "Il Gigante”, il parco avventura di Pratolino. Così si sfogano sugli alberi invece che sulle basiliche». Nel dubbio, domani i tecnici saliranno in quota per ispezionare Santa Croce. E chissà che non trovino un selfie lasciato lassù, come un’offerta votiva al dio dell’algoritmo.

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