Firenze, dopo 20 anni via la gru che sfregiava la città: partito lo smontaggio agli Uffizi – Video
Avviata l’operazione che restituisce integrità al panorama del centro storico. Sabato arriva il ministro
FIRENZE. Una gru per smontare una gru. Non una qualunque, ma quella che da vent’anni sfregia lo skyline di Firenze. E proprio sopra il cielo che conta di più, quello degli Uffizi, di Palazzo Vecchio. Quello che si vede dal piazzale Michelangelo e dalle colline. La meraviglia sporcata da una virgola gialla per vent’anni sta tornando intatta. La città immobile ritrova la sua pelle: una metamorfosi statica, finalmente.
Alle 7 e 45 del mattino, in una Firenze già calda, senza ombre, è cominciato il lavoro chirurgico di smontaggio del “mostro metallico”. Così l’hanno definito anche dalle Gallerie degli Uffizi: un soprannome che è diventato identità. Alta oltre sessanta metri, la gru era lì dal 2006, piantata come una croce nel cuore del centro storico per i lavori di ampliamento mai conclusi. Due decenni dopo, si celebra una liberazione.
Si celebra, sì, perché in questa città ogni gesto è una liturgia, e ogni scavo un’archeologia dello spirito. Il 21 giugno, sulla terrazza degli Uffizi, ci sarà un evento simbolico: un addio pubblico, con tanto di ministro, Alessandro Giuli, e una nuova promessa – un cantiere ‘light’, montacarichi invisibile, nessun’altra ferita al paesaggio.
Simone Verde, il nuovo direttore del museo, ha guidato in silenzio l’operazione. Ha lavorato con Valerio Tesi, responsabile del progetto “Grandi Uffizi”, per riorganizzare il cantiere e liberarsi dell’ingombro. Una manovra invisibile ma determinante: la prova che un cambio di sguardo può bastare a sciogliere nodi che parevano eterni.
La sindaca Sara Funaro, che si è detta “emozionata”, è scesa in strada a vedere con i propri occhi. Per lei, questo è un momento storico. L’ha definito “uno dei tasselli” del nuovo corso degli Uffizi. Anche questo è un gesto simbolico: la città che si riprende la sua immagine.
Ma non c’è storia senza conflitto, e non c’è gru senza polemica. Per anni la sua presenza ha diviso, imbarazzato, esasperato. C’erano profili social, come @gruinflorence, che ironizzavano sull’eternità dell’obbrobrio. C’erano i turisti che, salendo al Piazzale, scattavano foto della cupola e della gru, e i fiorentini che abbassavano gli occhi.
Il sindaco precedente, Dario Nardella, accusò il predecessore di Verde, Eike Schmidt, di trasformare gli Uffizi in un palcoscenico politico. E che avrebbe fatto meglio a pensare a levare la gru. Schmidt rispose con sarcasmo: «se ne accorge solo ora?». E oggi, mentre la città applaude alla rimozione, resta il ricordo di una lunga schermaglia di potere, tra estetica e strategia.
Il volto di Firenze torna intatto. Il direttore Verde ha detto: “La bellezza torna inviolata, dopo quasi vent’anni”. Parole pesate, come pietre. Perché la bellezza, in questa città, è una responsabilità. Chi la tradisce, la paga. E chi la protegge, a volte, deve farlo con ostinazione e silenzio. Una gru per smontare una gru. Un gesto tecnico che diventa poesia civile. Un addio che suona come una liberazione. L’ossimoro di una città immobile che finalmente si muove.