Pestaggio al liceo, le parole di Annalisa sono un antidoto alla paura
Caro Ministro, legga don Milani e la sua lettera per la scuola degli esclusi
FIRENZE L’orribile vicenda del pestaggio squadrista al liceo Michelangiolo ha sconvolto un’intera città. La condanna all’aggressione dei giovanotti neri di Azione Studentesca è stata unanime e generale. Partiti, associazioni, sindacati, cittadini che si sono anche raccolti in una manifestazione antifascista. Ma due, più di tutte, le reazioni che hanno rimbombato: da una parte, l’assordante silenzio della presidente del Consiglio Meloni confuso dal chiasso vergognoso del suo ministro dell’Istruzione Valditara e, dall’altra, la magnifica lettera a studenti, docenti e genitori della dirigente scolastica del liceo da Vinci Annalisa Savino.
La presidente, che tra l’altro in gioventù è stata la capa di Azione Studentesca, definendola pure «palestra di formazione della nuova classe dirigente della destra», nella sua carica di capo del governo doveva denunciare ciò che è accaduto. Anche per segnare un distacco da chi anche a Firenze "abita" proprio nello stesso condominio del suo partito, Fratelli d’Italia. Chi parla, invece, è il suo ministro Valditara. Sì, quello che invocava le umiliazioni come occasione di fortificazione degli studenti e che vuole la scuola con fasce salariali, una scuola per i poveri e una per i ricchi.
Si è infastidito per la lettera della Savino parlando di censure e possibili provvedimenti. Inaudito, inaccettabile. «Il pestaggio di alcuni studenti di fronte a una scuola pubblica è una cosa gravissima, che non può essere taciuta», tuona la professoressa Elisabetta Amalfitano del liceo Machiavelli. «La preside Savino ha dichiarato di aver scritto quella lettera perché i suoi studenti non avessero paura.
La reazione dei giovani di fronte all’accaduto è stata prima di tutto la paura. E noi, che nella scuola ci lavoriamo e che a quei ragazzi e a quelle ragazze diamo risposte ogni giorno, non possiamo tacere, come ha fatto il governo. Ci (e li) difenderemo sempre dalla violenza e dall’ignoranza con fermezza e coraggio perché, come scriveva un altro grande antifascista morto di botte dopo un pestaggio fascista, Piero Gobetti, "l’antifascismo è una questione di stile" e se al fascismo sta il "rimestare", a noi conviene il puntualizzare, il definire...
L’antifascismo è una questione morale, prima che politica». Quella lettera è una lezione di storia, di etica e di cultura. Parole chiare, senza orpelli che raccomandano di combattere sempre l’indifferenza e mantenere viva la memoria del Paese e della sua Costituzione. Fosse letta in tutte le scuole per capire da dove veniamo e dove non vogliamo tornare. Siamo in Toscana, nella terra di don Milani e del suo I care. E il pensiero va alla lettera che scrisse con i suoi studenti per una scuola assai lontana da quella evocata da Valditara. Dove la "parola" e non la violenza rende gli uomini liberi, capaci di capire il mondo e di combattere sempre al fianco degli emarginati e degli esclusi. Capaci sempre e senza timore di schierarsi. Sì, dalla parte della giustizia. Legga quel libro, signor ministro.
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