Empoli, la cura funziona: Andreazzoli è il garante
Maleh è sembrato trasformato, Shpendi ci ha messo entusiasmo, la nota stonata è la frattura al malleolo dello sfortunato Pezzella
EMPOLI. Due indizi sono una coincidenza, tre indizi sono una prova, spiegava il paffuto ispettore Poirot ai lettori dei romanzi di Agatha Christie. Non sembra però una coincidenza che, dopo il cambio al timone avvenuto sulla panchina dell’Empoli, si sia assistito a un deciso cambio di rotta della squadra azzurra. La prova contro l’Inter, nonostante la sconfitta, aveva fatto intravedere una squadra dalla mentalità differente. La vittoria con la Salernitana è stata forse più dominante di quel che ci si poteva aspettare da un gruppo reduce dall’ingresso nel libro dei record del campionato dalla porta sbagliata.
Il nuovo ma vecchio capitano della nave, Aurelio Andreazzoli, ci ha riso su dopo la vittoria di mercoledì: tanto la storia è stata già scritta, no? «Ora abbiamo iniziato a fare sul serio». Ma il sollievo è evidente in tutto il gruppo di lavoro azzurro, a partire da quel sorriso sornione messo su dal corsaro di lungo corso tornato a salvare la barca. E alla fine, verrebbe da dire, Andreazzoli non ha dovuto né potuto fare neanche troppo per invertire la brutta tendenza intrapresa dalla squadra. Le ultime uscite sotto la precedente gestione avevano già mostrato un impianto a quattro difensori e tre centrocampisti centrali; i principi certo erano differenti ma non è credibile che in dieci giorni, e con di mezzo due partite, il tecnico massese abbia potuto lasciare un’impronta tattica così marcata.
Il tutto allora è riassumibile in una frase rilasciata da Andreazzoli a commento della vittoria contro la Salernitana: «Il gioco del calcio, oltre a essere un lavoro, è un divertimento e stasera io mi sono divertito. Ma credo si siano divertiti anche i calciatori, e questo fa la differenza». A ennesima, abbagliante dimostrazione di quanto la mentalità faccia la differenza ai livelli di eccellenza di ogni sport professionistico, è bastato sollevare il pesante macigno nella testa dei giocatori azzurri per vedere qualcosa di totalmente diverso in campo dalla disperazione a cui si è assistito all’Olimpico di Roma. Si è visto in piccoli, grandi dettagli mercoledì: nelle sgroppate di un Baldanzi finalmente libero di giocare in mezzo al campo; nell’esuberante aggressività del giovane Fazzini e del rinato Maleh, completamente trasformato dopo le prime due gare; nella metamorfosi di un altro giocatore in ombra fino a ora, Cancellieri, che con l’acerbo ma entusiasta Shpendi ha provato, e spesso trovato, giocate di fino tra dribbling e colpi di tacco; nelle corse a perdifiato a ridosso dell’area di Cacace, entrato al posto dello sfortunato Pezzella, per cui gli esami hanno evidenziato una frattura composta del malleolo peroneale destro. Si potrebbero fare decine di altri esempi, ma la sostanza è quella: la squadra si è divertita a giocare a calcio, o quantomeno è scesa in campo con una disinvoltura e una leggerezza diversa. Per ora basta questo; il tempo delle discussioni tecnico tattiche arriverà.