Jacopo, viene da Livorno il super chef della famiglia reale di Abu Dhabi: «Ai ragazzi dico di osare»
Il 31enne si racconta: «Ho investito sulla mia formazione e oggi guido un team di 30 persone su una delle barche più grandi al mondo»
CASTIGLIONCELLO. Da Castiglioncello, dove ha frequentato la succursale della scuola alberghiera di Rosignano viaggiando ogni giorno da Livorno, città di nascita, fino alla conquista del mondo, prendendo tutti per il palato. È la storia di Jacopo Malfatti, 31 anni all’anagrafe, 3 lingue straniere padroneggiate fluentemente ed un bagaglio di esperienza da far invidia a tanti amanti della cucina. Oggi è l’executive-chef della famiglia reale di Abu Dhabi, negli Emirati Arabi, e anche l’head chef del loro mega-yacht di lusso, il più giovane al mondo ad occupare questa posizione. Coordina un team di 30 chef provenienti da tutto il mondo, ha un budget di diversi milioni di euro con cui andare a cercare gli ingredienti perfetti e, di fatto, lavora ogni giorno per soddisfare le voglie degli ospiti a bordo, anche adesso, durante una delle tante crociere da cui ci risponde. «Sono partito da Livorno, ho studiato e investito nella mia formazione: ho lavorato nei migliori ristoranti al mondo, anche tre stelle Michelin e ormai da tre anni mi trovo a vivere in una realtà capace assolutamente di superare in ogni forma la fantasia. Ai ragazzi che stanno facendo il mio stesso percorso di studi dico di crederci e di osare: la rete di rapporti che si tessono nella vita può regalare opportunità straordinarie. Volere è potere, come mi diceva mia madre da piccolo».
Jacopo, in questo momento dove si trova?
«Stiamo navigando e abbiamo toccato diverse terre, da Corfù alla Croazia fino al Montenegro. E continueremo ancora».
La sua passione per la cucina è cominciata con l’iscrizione all’alberghiero?
«Ho sempre avuto questa passione, tanto da volermi iscrivere a questa scuola, nonostante la necessità di doversi spostare quotidianamente a Castiglioncello dove, allora, c’era la succursale dell’istituto di Rosignano, la più vicina nell’area. All’età di 16 anni, ho cominciato con le prime importanti esperienze lavorative dal Grand Hotel Golf Tirrenia al Green Park Hotel, poi, dopo la maturità ho scelto di puntare tutto sulla mia formazione. Sono riuscito ad essere selezionato per partecipare al master di cucina italiana a Vicenza con lo chef Massimiliano Alajmo. Sono stato scelto tra i 16 studenti ammessi di fronte a 2000 richieste e ho frequentato questa realtà per un anno e mezzo, investendo 40mila euro. A fine ciclo, sono risultato il primo studente della graduatoria di merito e ho iniziato le mie esperienze professionali con chef di primissimo piano, come quello di Enrico Crippa. Con Massimo Bottura ho invece seguito un corso».
Che cosa ha rappresentato per lei cimentarsi nella cucina di un ristorante stellato?
«È stata un’emozione gigantesca e anche una responsabilità, portata avanti con determinazione. Poi, però, la mia strada ha preso un’altra direzione ancora, quella dello chef privato. Sono stato contattato e mi sono trasferito dopo poco a Dubai: qui ho cominciato a cucinare fino ad arrivare alla famiglia reale. Insomma, con il gusto, ho conquistato tutti».
Per chi ha cucinato?
«Tante personalità di spicco, penso ad ex presidenti americani, ministri, Capi di Stato esteri. Credo di aver raggiunto il punto più alto a cui uno chef privato possa ambire: vivo un mondo in cui la realtà supera la fantasia, tanto da essere anche l’head chef del mega yacht della famiglia reale».
E qui in cosa consiste il suo lavoro?
«Ho un budget a disposizione, ovviamente molto elevato, e cucino per tutti gli ospiti. Spesso, oltre a Opera, ci sono anche altre imbarcazioni al seguito, per permettere il trasporto dei passeggeri. Sul mega yacht dove faccio base io viaggiano solitamente 30 ospiti, mentre i membri dell’equipaggio sono circa un centinaio. Quale la richiesta più insolita? Quella di un particolare formaggio francese, per il quale è stato fatto decollare un elicottero per andarlo a prendere. Scelgo l’eccellenza: il pollo di solito lo prendo in Francia come il fois gras, determinata frutta viene acquistata in Australia, per il mango invece si va in India. La mia è una continua ricerca di qualità e perfezione».
Quanto è apprezzata la cucina italiana?
«Tanto. Ho cucinato spesso la pasta e anche la pizza rientra tra quelle prelibatezze più volte richieste. Il mondo arabo ha nei ceci uno dei propri pilastri alimentari e io ho fatto assaggiare il “5e5” con le melanzane, ricevendo i complimenti di chi lo ha degustato. Il cacciucco invece no: si opta generalmente per altri tipi di pesce. Ma in qualche modo sì, ho portato un simbolo di Livorno nel medio-oriente».
Che consiglio darebbe a un ragazzo che, come lei qualche anno fa, frequenta l’istituto alberghiero e sogna di spiccare il volo come lei?
«Dal niente non nasce niente e non ci sono scorciatoie per il successo: occorre studiare, investire nella formazione e, perché no, cercare anche di conquistarsi un pizzico di fortuna. Un giovane deve avere l’ambizione di puntare in alto, essendo disponibile anche a lasciare la propria comfort-zone, dagli amici alla propria città».
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