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Il commento

L’inno (fascista) di Puccini arriva su Rai5

di Ilaria Bonuccelli

	Beatrice Venezi
Beatrice Venezi

Stasera (venerdì 4) in onda il concerto diretto dalla lucchese Beatrice Venezi con il brano-simbolo del regime

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Il 2 gennaio 2021 Ignazio La Russa ancora non è presidente del Senato. In compenso, è già un estimatore dell’Inno a Roma, composizione per canto e pianoforte che nel 1919 Giacomo Puccini compone (di malavoglia) su commissione del sindaco di Roma, Prospero Colonna.

La Russa esalta l’inno in diretta Facebook, lanciandone una versione che Andrea Bocelli canta per Rai1, ignorando la stroncatura dello stesso Puccini: in una lettera alla moglie Elvira, a marzo 1919, il compositore definisce questo canto “una grande porcata”. Stasera (venerdì 4) la grande porcata finisce in televisione su Rai5, in prima serata, alle 21.15. Il canale culturale della Rai - che trasmette lirica e balletto d’autore, con spettacoli di altissimo livello - manda in onda il concerto che a Lucca martedì 11 luglio 2023 ha aperto le celebrazioni pucciniane. Sul podio la direttrice d’orchestra Beatrice Venezi, artista così a destra che Dagospia l’ha ribattezzata “bacchetta nera”. È sua l’idea di chiudere il concerto lucchese con l’Inno a Roma, espropriato a Puccini dal fascismo.

L’inno, che nelle intenzioni deve celebrare la fine della Grande guerra, a marzo 1919 ancora non è stato rappresentato, ma Puccini vuole prenderne le distanze prima del debutto, il 1° giugno 1919. Sembra intuire: nel 1922 il Fascismo se ne impossessa (senza chiedergli il permesso). Ne fa incidere una versione al grande tenore Beniamino Gigli e poi lo pubblica in varie raccolte di Canzonette. Finito il ventennio, ci pensa Giorgio Almirante a portare avanti la tradizione: fa dell’Inno di Roma la sigla dei raduni di Msi, erede del disciolto (ma non dimenticato) partito fascista.

Beatrice Venezi non lo ignora. È artista attenta, preparata. Non a caso diventa consulente per la musica classica, lirica del governo Meloni, il primo di destra in Italia. Quando, la direttrice d’orchestra sceglie l’Inno a Roma per il concerto di Lucca, sul palco del Summer festival, sa bene cosa sta pescando nel repertorio pucciniano. «Una composizione brutta», le ricordano gli esperti del Comitato nazionale per le celebrazioni pucciniane, contrari a questo bis preparato. Venezi tira dritto, nel nome della cultura. E della libertà di scelta artistica, dice dal palco di Lucca.

In realtà, a leggere i verbali delle riunioni del comitato delle celebrazioni, sempre più in difficoltà, sembra un piano politico studiato bene. Per far arrivare sulla tv di Stato l’inno che tanto piace alla (sua) destra, ormai di casa in Rai. In molti programmi e in quasi tutte le reti.

Infatti, quando si tirano le somme, il concerto di apertura delle celebrazioni pucciniane, che doveva costare 150mila euro (più 20mila di imprevisti), costa 207.910,10 euro più eventuali 20mila euro. I prezzi sono aumentati - spiega il presidente del Comitato, il maestro Alberto Veronesi, convertito sulla via di Fratelli d’Italia - per due ragioni: il costo del palco del Summer festival «più elevato dell’affitto del teatro del Giglio»; il costo delle riprese del concerto da parte di Rai5, con i camion piazzati e l’ospitalità. Insomma, tutto come da copione. Inno compreso. 

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