Il Tirreno

Versilia

Il caso

Vittima dei truffatori e spinta al suicidio, la sorella: «A un anno dalla morte di Katia ho ancora speranza nella verità»

di Gabriele Buffoni
Katia Palagi
Katia Palagi

Massarosa, la sorella si era tolta la vita gettandosi dal viadotto autostradale di Bozzano: gesto arrivato dopo essere stata ridotta sul lastrico da una serie di spietati truffatori

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MASSAROSA. La rabbia non c’è più. O meglio, è presente ma sopita, tenuta a freno. Sostituita dalla determinazione, quella sì che non può venire meno, per proseguire la ricerca della verità prima ancora della giustizia. «Non smetterò mai – assicura – così come non potrò mai perdere la speranza che le indagini portino a identificare i responsabili di quanto accaduto a mia sorella. Lo devo a lei, che oggi non c’è più, gettare la spugna la vedrei come una mancanza di rispetto. Ma oggi, per quanto complesse e difficili siano le indagini, ho fiducia nel lavoro del pm».

A parlare è Marisa Palagi, sorella di Katia, l’impiegata di Massarosa che il 12 novembre 2024, a 56 anni, si tolse la vita gettandosi dal viadotto autostradale di Bozzano. Un gesto arrivato dopo essere stata ridotta sul lastrico da una serie di spietati truffatori che l’avevano indotta a compiere una serie di investimenti online e a trasformare in presunti bitcoin tutti i suoi averi, per poi tormentarla con continue telefonate e minacce.

Le indagini

Proprio per questo la Procura di Lucca, dopo che Marisa si era rivolta alla trasmissione di Rai 3 “Chi l’ha visto?” in cui aveva denunciato pubblicamente quanto accaduto, a inizio 2025 ha deciso di aprire un inchiesta per truffa e istigazione al suicidio. Analizzando anche il telefono di Katia e cercando di ricostruire il flusso del denaro. Ma per mesi niente è cambiato, tanto che la stessa sorella della 56enne si è appellata al presidente della Repubblica Sergio Mattarella: una lettera a cui aveva replicato il procuratore di Lucca Domenico Manzione, assicurando alla famiglia che «il procedimento penale è tutt’altro che fermo» e che, dunque, le indagini stavano procedendo, per quanto rallentate dai tempi tecnici delle due rogatorie per l’estero richieste dalla Procura per proseguire la ricerca dei responsabili del maxi-raggiro: una in Lituania (Paese in cui sarebbero arrivati alcuni bonifici richiesti dai truffatori a Katia) e una per un altro Stato dell’Est Europa.

Più di un anno dopo

Oggi però, a un anno e tre giorni di distanza dal giorno in cui Katia Palagi si è tolta la vita, tutto sembra essere come cristallizzato. «Silenzio assoluto – conferma la stessa Marisa, che però ammette – mi sono resa conto, informandomi e confrontandomi anche con chi lavora sul fenomeno delle truffe online, che purtroppo rintracciare questi truffatori, specialmente se all’estero, è tutt’altro che facile. E che, con gli strumenti in mano alle Procure, servono tempi davvero lunghi. Quello che mi auguro è che però, nel frattempo, si indaghi sulle piste in Italia senza sottovalutarle».

Katia infatti nel 2022 aveva denunciato una prima volta la truffa subita ma dopo un anno di silenzi si era fatta avanti, promettendo di aiutarla, una società di recupero crediti (in realtà finta, e a sua volta parte della rete di raggiri): per convincerla a fidarsi le aveva fatto arrivare del denaro che, successivamente, si è scoperto essere stato versato da un altro cittadino italiano truffato. Che infatti, accortosi dell’inganno, querelò la stessa Katia. «Queste triangolazioni di soldi – spiega Marisa – riguardano una quindicina di persone, tutte presenti in Italia: bonifici che possono essere tracciati e controllati con più facilità rispetto all’estero. Quello che chiedo è che sia accertato che si tratta solo di vittime: in questo caso comunque le singole Procure potrebbero iniziare a mettere insieme le forze. Mentre se tra loro c’è qualcuno di sospetto, un “ponte” per i truffatori esteri, allora potrebbe rappresentare una svolta».

L’appello

Oggi quindi per Marisa e la sua famiglia a predominare è il senso d’attesa. Mentre dalla Procura niente ancora trapela. «Oggi però ho fiducia – racconta la sorella della 56enne – il pm è lo stesso a cui fu affidato il caso quando Katia fu querelata. Ora, non sono nella sua testa ma immagino che si sia chiesto se avrebbe potuto allora fare di più. Ecco, sono certa che oggi anche per questo stia facendo il possibile. La rabbia? All’inizio c’era, perché temevo che la sua vicenda fosse presa sottogamba, ma oggi mi resta solo la speranza che si possa giungere alla verità. L’appello che faccio alla Procura è di non mollare, nonostante gli ostacoli. E a chi, ancora oggi, si trova invischiato in una rete come quella in cui era finita Katia dico di non fidarsi, e di denunciare subito senza vergogna. Purtroppo – conclude – il fenomeno delle truffe online non smetterà, anzi con l’intelligenza artificiale il rischio è sempre più frequente».

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