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Sant’Anna di Stazzema, primo anniversario della strage senza Enrico e Cesira: ma nessuno dimentichi l’orrore

Sant’Anna di Stazzema, primo anniversario della strage senza Enrico e Cesira: ma nessuno dimentichi l’orrore

Due dei simboli dell'eccidio se ne sono andati a pochi mesi di distanza. Venerdì 12 agosto sarà la sindaca di Marabotto a pronunciare l’orazione. Ci sarà anche Giani

12 agosto 2022
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Sant’Anna di Stazzema Si ricorda oggi il 78° anniversario della strage di Sant’Anna di Stazzema in cui sarà la sindaca di Marzabotto Valentina Cuppi a pronunciare l’orazione ufficiale, seguendo il sindaco di Stazzema Maurizio Verona, il presidente dell’associazione Martiri di Sant’Anna di Stazzema Umberto Mancini e il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani. Chiuderanno i partecipanti al Campo della pace italo tedesco.

Sarà il primo anniversario senza due protagonisti della storia di Sant’Anna di Stazzema, Cesira Pardini che se ne è andata in primavera in una serata di fine marzo ed Enrico Pieri, che è partito per l’ultimo viaggio in una piovosa giornata di dicembre.

Cesira aveva 96 anni: era scampata all’eccidio nazifascista di Sant’Anna di Stazzema. In quella giornata era stata più forte dei suoi carnefici e pur ferita aveva portato in salvo le due sorelline, Adele e Lilia e un altro bambino, Paolo Lencioni: aveva tolto dalla braccia della madre Bruna, la piccola Anna, 20 giorni, la più piccola vittima della strage, che riuscì a portare all’ospedale di Valdicastello in una scatola di una bambola. Morirà il 4 settembre la sua voglia di vivere non poté nulla contro le sette pallottole che le furono trovate nelle fasce.

Cesira aveva lo sguardo severo, ma non è passato giorno che il suo pensiero non sia andato a quel giorno, a quelle ore, quando oltre che sorella dovette diventare madre per le sorelline più piccole e per il fratellino. La sua gioventù finì quel giorno: per anni la sua bocca è rimasta chiuso, l’oblio calato su Sant’Anna, un dolore troppo forte per le parole. Poi arrivò il processo grazie al procuratore Marco De Paolis e Cesira raccontò fieramente la sua storia: «Mia madre era contro il muro, con Anna in braccio. Abbiate pietà almeno di questa creatura, ha gridato», disse nel Tribunale. «Quello, era un italiano, ha estratto il revolver e glielo ha puntato alla testa. Mamma ha fatto appena in tempo a dirci di salvarci, di scappare. Si è aperta la porta del fondo. Ho preso l’Adele, la Lilia, ho buttato dentro la Maria, che era tutta a pezzi. Le cadeva un braccio, aveva una gamba staccata. Continuavano a mitragliare da tutte le parti, e noi siamo state immobili, in silenzio».

Enrico Pieri dopo la strage emigrò in Svizzera per trovare la sua dimensione: il 12 agosto 1944 aveva 10 anni. Ha visto uccidere tutta la sua famiglia il 12 agosto 1944, nascosto in un sottoscala insieme a un’altra bambina della famiglia Pierotti di Pietrasanta sfollata ai Franchi nella grande casa contadina, le stalle, al piano terra, i locali diurni al primo e quelli per la notte all’ultimo. Case modeste, senza elettricità e senza riscaldamenti, vicino ai campi coltivati a fagioli che furono il suo nascondiglio e da cui con un sentierino si raggiungeva in due minuti la piazza. Quelle povere case secondo le sue volontà diventeranno un Ostello per i ragazzi con i quali Enrico stabiliva un contatto immediato, quasi magico. Il suo “Mai più Santanne” è diventato un hashtag e una canzone che i ragazzi del campo della pace anche ieri sera hanno voluto suonare. Enrico e i ragazzi, un legame che va oltre la sua morte perché Enrico ha seminato e seminato bene e i frutti arrivano sempre dal buon agricoltore. Enrico era un seminatore di memoria. All’Ossario mancherà il suo monito “Di memoria c’è bisogno”, il suo appello alle istituzioni a fare sempre di più per divulgare la memoria, il suo ringraziamento agli insegnanti che portano i ragazzi a Sant’Anna. Il covid gli aveva tolto questo, ma era tornato a incontrare i ragazzi.

A Cesira ed Enrico il consiglio regionale ha voluto dedicare ieri un concerto: due grandi toscani. «Mi ha insegnato a non odiare», racconta spesso il sindaco Verona. Perché con l’odio non si costruisce nulla, diceva Enrico. l

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