Il Tirreno

Versilia

l'intervista

Giampaolo Simi: «La Versilia di Corbo fra calcio e violenza»

Cristina Bulgheri e Claudio Vecoli
Giampaolo Simi con in mano "La ragazza sbagliata" (foto Sabrina Montiglia)
Giampaolo Simi con in mano "La ragazza sbagliata" (foto Sabrina Montiglia)

Lo scrittore racconta il suo nuovo libro «Come una famiglia». La storia comincia allo stadio dei Pini di Viareggio

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Non è stata la sua Versilia che, ancora una volta, fa da scenario alla storia, a tenere a battesimo l’uscita in libreria di Come una famiglia, il nuovo romanzo che porta la firma dello scrittore viareggino Giampaolo Simi, il terzo con la casa editrice Sellerio. Il tour in giro per l’Italia per presentare il libro è infatti partito giovedì dalla Lombardia (con il trittico di tappe Lecco, Vigevano, Vimercate). Ma lo scorso weekend Simi è tornato in qualche modo a casa. E a pochi giorni dall’uscita in pubblico del noir che ha come protagonista ancora una volta Dario Corbo - giornalista di nera senza più una testata per cui scrivere già protagonista del precedente La ragazza sbagliata - ha presentato la sua nuova creatura alla libreria Nina a Pietrasanta. E presto sarà anche nella sua Viareggio, visto che venerdì 6 luglio sarà ospite della libreria Lettera 22.

Un anno dopo La ragazza sbagliata arriva in libreria Come una famiglia. E molti dei personaggi si ripetono. Si può parlare di “sequel”?

«Assolutamente no. La storia che racconto in Come una famiglia è tutta un’altra vicenda e può essere vista a sé senza bisogno di aver letto il libro precedente. Ad accomunarla sono i personaggi che in maniere e forme diverse ricompaiono in questa nuova storia, primo tra tutti Dario Corbo, il protagonista».

Si può parlare di un personaggio seriale, alla Montalbano?

«Neanche questo. La ragazza sbagliata non è stata e non voleva essere l’inizio di una serie. Conteneva in sé la possibilità di incontrare di nuovo alcuni personaggi, ma non era scontato che fosse così».

Cosa ti ha convinto a scommettere ancora su Dario Corbo, giornalista e investigatore?

«La risposta del pubblico: sessanta incontri in tutta Italia sono stati il polso del fatto che i lettori si fossero appassionati e affezionati al personaggio e avessero voglia di incontrarlo ancora».

E anche Come una famiglia non sarà l’ultimo romanzo con Corbo protagonista...

«Il progetto, fin dal suo esordio con La ragazza sbagliata, prevedeva una trilogia e un romanzo a latere. Alla fine i libri con Corbo saranno quattro. Ma poi mi fermerò...»

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E invece perché non andare oltre? In fondo Camilleri continua a riproporre puntualmente il suo commissario…

«Dario Corbo non sarà Montalbano semplicemente perché penso che questo modello seriale sia tramontato. Camilleri viene da un periodo diverso dove i serial andavano molto bene. Oggi c’è bisogno di rinnovare molto, essere esplosivi in un tempo ristretto».

Camilleri che ti precede nell’uscita ma che ti tende il testimone contenendo tra le sue pagine la cartolina che annuncia il tuo romanzo …

«Sì, è una consuetudine di Sellerio annunciare l’uscita del romanzo successivo con una cartolina tra le pagine del libro in uscita. Il problema è che arrivare in libreria due settimane dopo di lui è come fare una maratona dove gareggia anche un etiope. Alla fine sai che, bene che tu possa andare, potrai arrivare secondo. Con Camilleri, il primo posto nelle classifiche dei libri te lo puoi dimenticare...»

Concorrenza interna alla Sellerio, ma anche esterna. Come già “La ragazza sbagliata” anche con il nuovo romanzo esce in giugno, periodo di grandi nomi. In estate si legge di più?

«Beh sì, ma la tempistica ovviamente la decide la casa editrice: lo schema si ripete e vede nell’ordine: Camilleri e Simi a giugno, Stassi e Malvaldi a luglio, infine Manzini a settembre».

E’ la prima volta che i tuoi romanzi escono così ravvicinati: si corre il rischio di scrivere con delle scadenze?

«Ogni lavoro ha delle scadenze. Non era possibile lasciare Dario Corbo galleggiare per troppo tempo, tanto più quando devi entrare in una produzione. Puoi scrivere in libertà, senza assilli temporali, solo se fai un altro mestiere. E comunque nel caso di Come una famiglia lo scenario era già pronto, il lavoro già impostato, oltre al fatto che non lavorando ad altre cose, ho potuto concentrarmi solo sul romanzo».

Quando parli di “altre cose” parli del tuo lavoro come sceneggiatore: cosa hai in cantiere?

«In autunno per Rai cinema uscirà un documentario sul Sessantotto al quale ho collaborato con Wilma Labate. E sempre in autunno su RaiUno andrà in onda Carlo e Malik, una serie tv scritta con Vittorio Testa e Francesco Amato con protagonista Claudio Amendola, poliziotto romano di mezza età, affiancato da un poliziotto di colore. Sei puntate girate a Roma dirette da Marco Pontecorvo».

E di una serie tv si era parlato anche per La ragazza sbagliata?

«Ci stanno lavorando: la casa di produzione, la Palomar, che è anche quella del Commissario Montalbano, ha opzionato i diritti anche di questo nuovo romanzo».

Oltre al protagonista, ad accomunare Come una famiglia al precedente, c’è, immancabile, la Versilia…

«La storia si svolge tra la costa e una parte della Toscana più interna che corrisponde al Valdarno fiorentino, dove si trova un campus super attrezzato che accoglie la squadra di calcio per la quale gioca il figlio calciatore di Corbo, personaggio attorno al quale si snoda la vicenda».

Una storia che, come suggerisce il titolo, si gioca molto sui rapporti familiari, tra padre e figlio…

«Sì, diciamo che è l’asse portante del romanzo: il protagonista si trova, per alcune vicissitudini, a dover e voler conoscere il figlio ormai diciottenne, e a capire, da padre e non da giornalista, di avere a che fare con un rapporto tutto da costruire. Così come tutto da rivedere è il suo ruolo di padre, troppo spesso assente».

Altro tema presente nel libro è il calcio, tua grande passione: sei nella nazionale degli scrittori e siamo nell’anno dei Mondiali

«Già, tutto comincia da una finale della Viareggio Cup, ma non voglio svelare troppo. Io amo il calcio, tuttavia in questo romanzo mi premeva puntare il dito su come questo sport e il modo di praticarlo e vederlo abbia plasmato in peggio il nostro modo di vivere. Il calcio ha rovinato l’Italia, è stato veicolo dei peggiori comportamenti dentro e fuori il campo. Cassano e Balotelli ne sono un esempio: due talenti, ma in pratica due fallimenti. Un grande innamorato del calcio, ma tanto deluso».
 

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