Il Tirreno

Toscana

L’intervista

Carrara, in cura dopo un calcio alla moglie: «Adesso ho imparato a gestire la rabbia» – La testimonianza

di Giovanna Mezzana
Carrara, in cura dopo un calcio alla moglie: «Adesso ho imparato a gestire la rabbia» – La testimonianza

L’uomo pentito, la decisione di rivolgersi a un Centro e la rieducazione

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CARRARA. Lui, poco più che cinquantenne, una notte sferra un calcio a sua moglie e le rompe una costola. Il giorno dopo, sconvolto e spaventato per ciò che ha fatto – in lacrime – si precipita al Centro anti-violenza “Donna chiama Donna” di Carrara: «Dovete aiutarmi», dice.

Comincia così il suo percorso: non lì dove si è recato e dove si accolgono donne vittime di violenza di genere, bensì in un altro Centro di Carrara, quello dell’associazione “Pur”, acronimo di Progetto Uomini Responsabili, dove si apre la porta a uomini che maltrattano, uno dei pochi che esistono in Toscana e che appartiene alla rete dei Cuav, Centri per uomini autori di violenza. Dopo nove mesi, ha concluso il suo cammino psico-educativo: «Ho imparato cose – dice – che, se riesci a lavorarci sopra, la vita diventa meravigliosa». Il Tirreno lo ha incontrato.

Quando ha conosciuto sua moglie?

«Io conosco mia moglie da 20 anni e ci siamo sposati nel 2018».

Ci racconta gli episodi di violenza in cui sua moglie è stata vittima?

«Ce n’è stato solo uno. È accaduto per una sciocchezza. Una sera torno a casa, cerco le chiavi per aprire la porta, non le trovo. Devo suonare il campanello. Penso che lei sta dormendo. È l’una e trenta della notte, la devo svegliare e domani deve alzarsi molto presto: questi pensieri già mi agitano. Alla fine suono: e lei mi apre».

E cosa succede?

«Continuo a cercare le chiavi e le chiavi non saltano fuori: poi mi accorgerò di averle lì.. Mi ero fatto un whiskyno con un amico, uno solo, e lei mi dice: “Non le trovi perché sei ubriaco”. È bastata questa frase: le ho dato un calcio, le ho rotto una costola».

Come spiega questa sua reazione?

«Stavo facendo una terapia farmacologica che mi rendeva irrequieto ed ero sotto pressione anche per altre questioni: fu un’esplosione di rabbia che non riuscii a controllare. In quel frangente non vedevo mia moglie ma un nemico da abbattere. Cercavo da lei una complicità che non è arrivata, ma era una mia richiesta, una mia necessità, l’ho capito dopo, qui al Centro».

Sua moglie come ha reagito?

«Lì per lì non ha fatto nulla. La mattina successiva, quando le ho chiesto scusa, mi ha detto: “La prossima volta che lo fai nessuno ti eviterà una padellata in faccia”. Ma non mi ha denunciato e non è andata a un Centro anti-violenza: ci sono andato io e ho chiesto aiuto dicendo che ne avevo più bisogno io di mia moglie che aveva una costola rotta».

Cosa l’ha spinta a chiedere aiuto?

«Avevo fatto una cosa per cui non ero più io. Avevo paura, anche di perdere lei».

Eravate una coppia litigiosa?

«Siamo sempre stati una coppia libera, con la nostra reciproca indipendenza, anche economica. Io non litigo con nessuno, solo mia moglie riesce a tirare fuori la mia incazzatura».

Cos’è di sua moglie che la fa arrabbiare?

«La sua maniacalità per le pulizie di casa, per l’ordine. E poi non mi piace che, anziché parlare, urla, anche se dice che urla perché è sorda».

E quindi, se dovesse descriverli, quali sono i motivi per cui litigate?

«Per la gestione della quotidianità: le calze che quando sono sporche devono essere messe nel secchio rosso e non in quello verde, il bicchiere che è stato spostato di qualche centimetro. Ecco io sono un po’ più “sciallo”, o meglio, reputo che queste cose non siano fondamentali».

E oggi il vostro rapporto com’è?

«È sempre stato sereno, a parte quell’episodio che ha aperto due ferite, una in me e una in lei. So che devo ancora lavorare per guadagnare totalmente la sua fiducia: quando siamo con amici, per esempio, mi dice: “Occhio con il bicchiere”».

Da uno a dieci, quanto si fida di lei sua moglie?

«Direi otto».

Cosa la fece innamorare di lei?

«Gli occhi, i suoi colori. Tra i suoi colori e quello del vestito che indossava quando la vidi per la prima volta sembrava un semaforo. E io mi sono fermato».

Oggi, nonostante quell’episodio, siete ancora una coppia: lei è innamorato?

«Sì, siamo innamoratissimi l’uno dell’altra, se non fosse perché io sono impreciso e lei è maniaca dell’ordine... (saremmo una coppia perfetta, ndr)».

Cosa è successo al Centro? Come è stato aiutato?

«Ho acquisito delle capacità comportamentali. Se riesci a fare tuoi certi argomenti che vengono trattati, non ci ricadi: impari ad affrontare alcune situazioni; per esempio, se riperdo le chiavi nel cuore della notte, dico a me stesso: “Stasera vai a dormire in un bed & breakfast”. Qui mi hanno spiegato anche perché una coppia litiga».

Ecco, ce lo dica.

«Quando si litiga, si cerca di sopraffare il partner: è come se si fosse su due piani diversi e si volesse stare su quello più alto, da cui prevaricare l’altro. Io ho imparato che la rabbia non è sotto il nostro controllo, ma quello che succede dopo l’esplosione della rabbia lo è».

Cosa direbbe a un uomo che fa violenza alla fidanzata, alla compagna, alla moglie?

«Gli direi: scusa, ma non credi che ciò faccia più male a te che a lei? Non ferisce prima te ancor prima di ferire lei? Quella costola rotta a mia moglie ha fatto più male a me».

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