Maremma, ucciso da un colpo di fucile: sotto choc il ragazzo che ha sparato
Tragedia a Tirli, nel Grossetano: un cacciatore di 80 anni raggiunto al torace da un altro cacciatore che partecipava a una battuta al cinghiale poco distante
GROSSETO. Lo chiamavano tutti “il cinghialaio di Tirli”, tanta era la maestria con cui per una vita aveva sfidato la macchia e gli ungulati. Una passione assoluta che negli ultimi anni aveva lasciato spazio alla caccia “al colombo”, scelta per continuare a stare nel bosco senza le fatiche delle battute lunghe. È proprio in una di queste uscite solitarie che ieri mattina Renato Maestrini, 80 anni, ha trovato la morte nella macchia del suo paese, frazione di Castiglione della Pescaia, in provincia di Grosseto.
Un colpo di fucile lo ha raggiunto al torace: a spararlo accidentalmente sarebbe stato un giovane impegnato in una battuta al cinghiale con la sua squadra nella stessa zona. Sono stati i suoi compagni a chiamare i soccorsi.
Sul posto è arrivato il 118 con Croce rossa, ambulanza India di Castiglione della Pescaia, automedica di Follonica ed elisoccorso Pegaso 2. I carabinieri hanno avviato gli accertamenti. La salma è a disposizione dell’autorità giudiziaria. Sotto choc il ragazzo che ha sparato: figlio di ristoratori, una famiglia conosciuta, è stato portato al Pronto soccorso incapace di trovare pace.
La tragedia si è consumata intorno alle 9 di ieri in una zona fittissima di bosco, sotto il campo sportivo, verso Pian d’Alma, in località Baracchino “Fonte al Turco”: un luogo che porta con sé storie antiche legate a una sorgente che secondo le leggende avrebbe dato ristoro ai “turchi” durante un’incursione secolare. Il posto dista due chilometri dal paese ma, per la conformazione del terreno, sembra molto più lontano: sentieri stretti, rovi, salite improvvise. Un tratto di macchia impervio e difficile da raggiungere: i volontari della Croce rossa, scortati dai cacciatori della squadra, hanno faticato non poco per arrivare al corpo, mentre gli operatori di Pegaso si calavano con il verricello. Per Maestrini non c’era più nulla da fare.
L’anziano era stato un muratore. Pensionato da anni, sposato e padre, aveva incarnato per decenni una figura quasi simbolica per la comunità di Tirli: la doppietta brillante, colui che della macchia conosceva ogni scorcio. «Il suo rapporto con la caccia andava ben oltre la semplice attività venatoria - dicono in paese - Renato era un pezzo di cultura, di identità, di memoria collettiva». Ad agosto aveva raccontato la sua storia in una lunga intervista a Maremma Magazine, firmata dall’amico Giovanni Rossetti, accademico d’arte, fotografo e scrittore. Pagine intense, per ironia della sorte pubblicate proprio questo mese di novembre, e nelle quali Maestrini ripercorreva memorie e rituali antichi della caccia, un rito crudo ma identitario di cui lui conservava memoria nitida e orgogliosa. Negli ultimi anni aveva smesso. Aveva ripreso il porto d’armi proprio quest’anno. Ed era tornato nella macchia per il semplice piacere di esserci, scegliendo la caccia al colombo. È qui che, secondo le prime ricostruzioni, potrebbe essere stato tradito dal suo “scalpiccìo” nella vegetazione, forse troppo simile al movimento di un cinghiale. A poca distanza la squadra era appostata: una doppietta - si mormora - potrebbe aver equivocato il rumore e fatto partire il colpo che ha spezzato la vita dell’anziano cacciatore. Le indagini sono in corso.
