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L'intervista

Bernardini de Pace: «Difendiamo i figli dalle bambinate dei genitori». ll caso che l’ha commossa di più

di Rita Lazzaro

	Annamaria Bernardini de Pace
Annamaria Bernardini de Pace

Parla la matrimonialista più famosa d’Italia: «La separazione, soprattutto quando i genitori sono immaturi, litigiosi e anaffettivi, fa benissimo ai bambini». E racconta la sua di seperazioni

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Giornata internazionale dell'uomo, Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Sono queste le ricorrenze, che hanno luogo rispettivamente il 19, il 20 e il 25 novembre, volte a una maggiore sensibilizzazione per la tutela dei diritti degli uomini, dei bambini e delle donne. Una difesa a cui non è certo estranea la più nota matrimonialista d'Italia: Annamaria Bernardini de Pace, una donna che ha dedicato la vita all'avvocatura.

La sua è una voce fuori dal coro, che si è sempre schierata contro il politicamente corretto ma soprattutto contro le ingiustizie.

Quella di Bernardini de Pace è sempre stata una condotta imparziale, fedele solo alla giustizia e avulsa da ogni forma di ideologia: è questo che distingue le battaglie della de Pace non solo in veste di avvocato ma anche di giornalista pubblicista e saggista. Ed è proprio con la nota matrimonialista che affronteremo la tutela dei diritti al di là del genere.

Lei ha detto che i suoi clienti sono i figli. A tal proposito, come e quanto sono tutelati i minori?

«Sono tutelati dalla legge scritta ma non nei fatti. Questo perché non tutti gli avvocati sono specializzati. A ciò si aggiunge anche e soprattutto il fatto che non tutti i genitori sono veramente rispettosi dei figli e quindi, prima di tutto, li usano per darsi “bambinate in faccia” per andare contro l'altro genitore. Per questo motivo la separazione, soprattutto quando i genitori sono immaturi, litigiosi e anaffettivi, fa benissimo ai bambini».

Quale è il caso che l'ha colpita di più proprio per le dinamiche che lei definisce “bambinate”?

«Ognuno mi emoziona come se fosse il primo, sebbene abbia fatto circa 7.000 separazioni. Però ricordo una delle prime di cui mi sono occupata, in cui c'era una mamma dalla condotta incommentabile. Una madre fredda. Il padre invece era dolce, affettuoso, pieno di qualsiasi tipo di attenzione per i figli. A questo si era aggiunto anche il fatto che la donna si fosse innamorata di uno al punto da abbandonare il tetto coniugale. La motivazione che diede fu agghiacciante: era stato il marito a voler mettere su famiglia, non lei. Quindi era lui a doversene occupare. Parlo di bambini che all’epoca avevano rispettivamente tre, cinque e otto anni. Quindi capivano bene quello che stava accadendo tra le mura domestiche. Ecco, questo è “prendersi a bambinate in faccia”, perché i figli si rispettano, cosa che la madre, in quei momenti, non ha fatto. Il padre venne da me disperato. Alla fine portammo la madre in Tribunale, costringendola a vedere i figli ma in casa. Quello che però si occupò di loro fu il padre, in quanto lei li vide poco o niente».

A proposito di donne violente, lei ha detto: «Le donne hanno una capacità di violenza psicologica che gli uomini non hanno», mettendo poi in evidenza come le donne «siano capaci di condizionare i figli una volta preso il comando psicologico sulla famiglia». Con queste parole potremmo dire che ha descritto l'alienazione parentale. Lei crede a questo fenomeno così divisivo?

«Ci credo. Questo perché ho visto bambini e ragazzi alienati totalmente. Sebbene l’alienazione parentale non sia ancora disciplinata, faccio valere la violenza psicologica della madre o del padre. Ci sono anche i padri che alienano i figli, chiariamoci. In sintesi, un genitore che aliena i figli, non è idoneo ad assumersi la responsabilità di crescerli».

Si è parlato della violenza psicologica da parte delle donne. Questa però è solo una faccia della medaglia, in quanto anche le donne sono vittime di violenza. Basti pensare ai continui casi di femminicidio. Secondo lei, perché questa mattanza non si arresta nonostante le varie norme contro la violenza di genere?

«Perché anche in questo caso si tratta principalmente di un problema culturale e soprattutto strutturale, in quanto ci deve essere un’educazione familiare e sociale. La legge del 2013, nonché la legge del 2019 (il Codice rosso), la legge del 2023 (legge Roccella), messe tutte insieme, danno tanto per la difesa delle donne. Il problema è che ci sono poche forze dell'ordine. Per di più la gente ignora che non è necessario che sia proprio la vittima a fare la denuncia, perché chiunque, anche in via anonima, può avvertire i carabinieri e denunciare».

Perché secondo lei, dopo tutte queste battaglie, soprattutto femministe, la donna versa ancora nella vergogna di denunciare continuando così a subire?

«Le rispondo raccontandole questo episodio. Quando ci fu lo scandalo del gruppo denominato “Mia moglie”, che vedeva donne usate dai mariti, i quali postavano le fotografie delle consorti in contesti intimi e, ovviamente, senza il consenso delle malcapitate, ho dato vita a una class action. Avevo pensato, infatti, che, vista la condotta oscena dei mariti, in gran parte avrebbero denunciato. Ho dato la mia e-mail personale e chiunque mi avrebbe potuto scrivere. Ebbene, mi hanno telefonato solo tre donne dicendomi che, sebbene avessero apprezzato la mia idea, non avrebbero denunciato. Una per timore del giudizio dei parenti; l’altra perché non voleva che suo figlio rischiasse di essere giudicato per via del padre denunciato; l'altra ancora, invece, non voleva denunciare per paura di essere lasciata dal marito e, di conseguenza, non essere più mantenuta dallo stesso. Per questo sostengo che parte della responsabilità è delle donne».

Parliamo della sua separazione. In quel caso ha detto che, quando ha deciso di separarsi, è stata lei il suo avvocato. Vuole raccontarci in che modo ha affrontato quel periodo?

«Sono stata io a volere la separazione, perché l'amore era finito, perché non era giusto che le mie figlie vivessero in una situazione così priva di affetto reciproco. Quindi mi sono separata e ho fatto tutto da sola. Prima non lavoravo, perché mi occupavo delle mie figlie. Poi mi sono rimessa a studiare, ho fatto l'università, mi sono laureata, ho fatto l'avvocato e, contemporaneamente, vendevo vestiti e scrivevo tesi per i ragazzi dell’università. Tutto questo per mantenere le mie figlie e me stessa. Non ho mai chiesto niente all'uomo che rifiutavo, lo trovavo vergognoso. Ecco perché studiavo e lavoravo, facevo e vendevo anche le torte a un bar vicino casa, guadagnavo in questo modo. Io sarei stata la donna più felice del mondo se avessi avuto 12 figli e un marito. Una coppia che dura tutta la vita. Non invidio nessuno, tranne le coppie che durano per sempre per amore».

Oggi cosa si sente di dire alle giovani donne?

«Le invito ad affrontare la vita senza appoggiarsi a nessuno ma credendo in se stesse, facendo tutto il possibile per essere di più di quello che credono di essere». 

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