Una manovra “light”? Cosa emerge dal Documento programmatico di finanza pubblica
Il ministro Giancarlo Giorgetti: «Servono verifiche sui fondi da destinare alla difesa»
ROMA. Una manovra formato light, che finanzierà misure per 0,7 punti di Pil, all'incirca 15,5 miliardi, di cui il 60% con tagli di spesa. È questo il quadro che emerge dalla lettura del Documento programmatico di finanza pubblica, approvato ieri (3 ottobre) dal Consiglio dei ministri e trasmesso nella notte alle Camere.
La quarta legge di Bilancio del governo Meloni, con spazi di intervento più ridotti (30 miliardi valeva la manovra dello scorso anno, 24 miliardi quella varata nel 2023, e 35 miliardi quella di esordio) punterà ad alleggerire il carico fiscale, «riducendo l'incidenza sui redditi da lavoro - conferma il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti - si garantirà un ulteriore rifinanziamento del fondo sanitario nazionale. Inoltre, al fine di dare continuità agli interventi approvati dal Governo, saranno previste specifiche misure per stimolare gli investimenti delle imprese e a garantire la competitività».
Le parole di Giorgetti confermano l'attenzione ai conti: «L'Italia sta godendo di un periodo di stabilità politica, condizione essenziale per garantire la resilienza dell'economia di fronte a eventuali shock e per mettere in campo azioni di ampio respiro in grado di favorire una riduzione nel medio periodo dell'elevato debito pubblico del Paese». Una eredità del passato, aggiunge, ma che «costituisce un ostacolo allo sviluppo futuro del Paese».
Al finanziamento delle misure concorreranno tagli di spesa per circa 9 miliardi l'anno, nuove entrate e un lieve incremento del deficit, di un decimale, equivalente a circa 2 miliardi. La crescita sarà limitata, allo 0,5% per quest'anno, per poi crescere nel 2026 allo 0,7% e nel 2027 allo 0,8%. Il rapporto deficit/Pil resterà, secondo le previsioni del Mef, sotto la soglia del 3%, già data per acquisita quest'anno, in calo rispetto alla previsione del 3,3% nel Dfp di aprile, è poi previsto muoversi al di sotto del 3% nel 2026 (al 2,7%), «in coerenza - si legge nel documento - con il più volte ribadito obiettivo di uscire dalla Procedura per disavanzi eccessivi entro il 2027». In caso di uscita dalla procedura, ci sarebbe un graduale aumento delle spese in difesa, per arrivare alla fine del triennio allo 0,5 del Pil.
«L'Italia, pur avendo già espresso l'interesse a ricorrere allo strumento finanziario europeo Safe, ritiene necessario effettuare ulteriori approfondimenti sul più ampio tema delle capacità di difesa e sulle compatibilità finanziarie – precisa però il ministro Giorgetti – prima di decidere se avvalersi della clausola di salvaguardia nazionale. Ciò anche per non compromettere il consolidamento fiscale». Per altro, avverte il Mef nel Dpfp, «un’eventuale corsa agli acquisti da parte dell’Italia e degli altri Paesi europei rischierebbe di generare soltanto un aumento dei prezzi, delle importazioni e della dipendenza verso altri Paesi». L'Ufficio parlamentare di Bilancio ha validato il quadro tendenziale, definendolo “complessivamente accettabile”, tuttavia le stime “sono esposte a rischi”.