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Animali abbandonati per povertà, l’esperto: «È come una nuova epidemia»

di Elena Andreini
Animali abbandonati per povertà, l’esperto: «È come una nuova epidemia»

Luca Bernardini (associazione “Amici degli animali”): «È in vertiginoso aumento la rinuncia a cani e gatti per ragioni di tipo economico. Le persone perdono prima il lavoro, poi la casa e così sono costretti a lasciare i loro pet in canili o gattili. È un grande dolore»

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Li chiamiamo “amici fedeli” e sappiamo quanto la loro presenza sia importante nella nostra quotidianità, ma poi arriva uno tsunami sociale come la perdita del lavoro, della casa o una separazione che travolge la nostra vita e, con lei, anche quella dei nostri fedeli amici, i pet, cani e gatti adottati da noi. È il nuovo fenomeno della “rinuncia di proprietà per motivi economici” a lasciare davanti ai cancelli dei canili e gattili gli animali, in molti casi anziani, che hanno sempre vissuto in famiglia. Situazioni che si ripetono sempre più spesso e che portano ad incrementare il numero degli ospiti nei canili. «Il randagismo è in calo – spiega Luca Bernardini, vicepresidente dell’associazione “Amici degli Animali” che gestisce il rifugio Hermada di Montecatini Terme (Pistoia) – . Al contrario è in vertiginoso aumento la rinuncia di proprietà per ragioni economiche. Le persone perdono il lavoro e perdono la casa e lasciano il cane in canile. Il risultato? Un aumento dell’età legati ai cani: sono sempre più anziani e malati perché i proprietari non riescono a pagare le cure del proprio animale».

La perdita della casa è poi un altro tassello di quella crisi economica e sociale che porta ad abbandonare i cani. «In molti casi – racconta Bernardini – quando c’è la perdita della casa molti cercano situazioni alternative come alberghi, ma gli animali non possono entrare e quindi il cane viene lasciato in canile. In questo momento nella nostra struttura, che serve sette Comuni, ci sono circa 35 richieste di questo tipo. Cerchiamo di aiutare tutti, ma ogni settimana ci arrivano tre o quattro richieste di questo tipo, circa 100-150 all’anno. È un’epidemia incredibile e che ha superato quello che in altre regioni è il problema principale rappresentato del randagismo».

Chi si trova travolto da difficoltà economiche così grandi da non poter continuare a mantenere il proprio pet, nella maggioranza dei casi, sottolineano dal canile Hermada, non lo abbandona per strada, ma lo porta in canile per trovare all’animale una soluzione meno traumatica. «E poi ci sono i casi degli animali in casa di persone anziane – prosegue Bernardini – : quando la persona muore non sempre il cane o il gatto viene adottato dai figli o dai parenti, per motivi diversi: magari perché vivono in mini appartamenti e lavorano tutto il giorno, e così l’animale finisce in una struttura».

Ma questo fenomeno si sta ingrossando così tanto da mettere in difficoltà anche i canili e i rifugi. «Episodi di rinuncia di proprietà sono in forte aumento – prosegue Bernardini – e il problema non si risolve costruendo nuovi spazi nei canili per accogliere gli animali, ma è fondamentale ricreare un sistema sociale che possa in qualche modo garantire a chi ha adottato un cane o un gatto di poterlo seguire. Quindi va risolto il problema del lavoro e delle abitazioni prima che l’aumento delle gabbie nei canili».

Altro aspetto da non sottovalutare, poi, è quello delle sterilizzazioni. «Le nascite di cani in ambiente domestico sono rischiose – conclude Bernardini – : non vengono selezionati i cani e spesso vengono fatti accoppiare in contesti dove non c’è la cultura della cinofilia. In molti casi i cuccioli vengono strappati alla mamma prima del tempo e dati in adozione senza nessuna competenza e il cucciolo, dopo un anno di vita, rischia di dare problemi. Il cane deve stare con la mamma almeno 70 giorni e il microchip deve essere inserito entro 60 giorni. Ci vuole competenza per fare crescere un cucciolo. La sterilizzazione può abbassare il numero dei cani abbandonati».


 

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