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Terremoto in Toscana, la catastrofe del 14 agosto 1846: terreni liquefatti, paesi distrutti e il racconto del maremoto a Livorno – Le testimonianze dell’epoca


	Un'immagine dell'epoca: Orciano dopo il terremoto; a destra la mappa delle zone più colpite (Fonte: Ingv)
Un'immagine dell'epoca: Orciano dopo il terremoto; a destra la mappa delle zone più colpite (Fonte: Ingv)

L’epicentro interessò le zone collinari tra le province di Pisa e Livorno, fra le valli dell’Arno e del Cecina. Le località più danneggiate furono concentrate nella valle del torrente Fine e nelle colline a sud di Pontedera, fino all’area est di Livorno. A sud, gravi danni si registrarono anche in alcuni centri lungo la valle del Cecina

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Devastazione. Morti. Interi paesi rasi al suolo. Una catastrofe tra le più grandi mai accadute in Toscana. Il 14 agosto 1846, un terremoto di grande intensità colpì la zona occidentale della regione, un’area non tradizionalmente nota per una forte attività sismica.  L’evento, con una magnitudo stimata intorno a Mw 5.9, rappresenta il più intenso mai registrato lungo la costa tirrenica, estendendosi dalla Toscana fino alla Campania. Leopoldo Pilla, professore di geologia all’Università di Pisa, descrisse dettagliatamente la sua esperienza e gli effetti del sisma in un opuscolo pubblicato appena cinque giorni dopo.

“… ecco che la sala comincia da prima a vibrare; alla vibrazione succede un agitazione violenta in direzione orizzontale con un rumore vorticoso orribile. […] Accorro ad una delle finestre che mette nel giardino di una prossima casa, e quivi fui testimonio di uno de’ spettacoli più terribili, che possono occorrere allo sguardo dell’uomo. Le case dintorno erano agitate in una maniera spaventevole; gli alberi del giardino co’ loro movimenti annunziavano la violenta agitazione dell’ atmosfera; questi movimenti associati a quelli della sala in cui io era mi produssero una vertigine, la quale mi obbligò ad aggrapparmi alla finestra. L’agitazione seguiva evidentemente in direzione orizzontale di va e vieni, ma con violenza estrema. In tale terribile situazione cominciano a cadermi addosso calcinacci dalla sala; le grida che si sollevavano dalle case vicine aumentavano l’orrore del flagello. Fu un istante che io credei la città nabissare. Allora sospinto da un impulso istintivo ascendo sulla finestra per saltare nel sottoposto giardino. Ma un residuo di riflessione mi ritenne. Il suolo a poco a poco ritornò nella sua primiera tranquillità.”

Area colpita

L’epicentro interessò le zone collinari tra le province di Pisa e Livorno, fra le valli dell’Arno e del Cecina. Le località più danneggiate furono concentrate nella valle del torrente Fine e nelle colline a sud di Pontedera, fino all’area est di Livorno. A sud, gravi danni si registrarono anche in alcuni centri lungo la valle del Cecina.

Danni principali

Orciano Pisano fu il paese più colpito, con un’intensità stimata di grado 10 sulla scala MCS. Quasi il 90% degli edifici subì danni totali o parziali, soprattutto le abitazioni rurali costruite con materiali fragili. Gravi danni si ebbero anche a Crespina, Lorenzana, Casciana Terme e Guardistallo, dove il castello alto del paese crollò completamente. Anche in molte località del livornese, come le frazioni di Collesalvetti e Rosignano Marittimo, si registrarono lesioni e crolli.

Effetti in città

Nelle città di Pisa e Livorno i danni furono meno gravi ma comunque diffusi. A Livorno furono lesionati molti edifici storici, inclusi i campanili di chiese importanti. La popolazione visse momenti di grande paura, trascorrendo la notte all’aperto o in ripari improvvisati. A Pisa, la scossa principale durò tra 20 e 30 secondi, causando crolli e crepe in edifici significativi come le chiese di San Michele in Borgo e San Francesco ai Ferri.

Impatti più lontani

Volterra, posta su un colle nell’alta Val di Cecina, riportò gravi danni alle strutture del palazzo dei Priori e alle carceri, con una vittima. Nel Valdarno inferiore e in alcune zone della Versilia e di Lucca si registrarono danni moderati o lievi. Il terremoto fu avvertito su un’ampia area del centro-nord Italia e si protrasse con numerose repliche per mesi.

Effetti ambientali

Il sisma provocò varie alterazioni al territorio, tra cui frane, smottamenti e modifiche nelle sorgenti d’acqua, come la formazione di nuove fonti minerali e il cambiamento del colore delle acque termali. Nel porto di Livorno si osservò un fenomeno simile a un maremoto, con un rapido innalzamento del mare, anche se non è stato possibile confermare questa ipotesi.

Liquefazione del terreno

Uno degli effetti più curiosi e studiati fu la liquefazione del terreno nei pressi di Lorenzana, descritta da Pilla con la presenza di cavità a forma di imbuto che emettevano acqua mista a sabbia azzurra, fredda e potabile. Questo fenomeno fu poi riscoperto durante eventi sismici moderni e rappresenta un elemento chiave nella comprensione degli effetti dei terremoti su terreni argillosi e sabbiosi.

Geologia e causa

L’area interessata dal terremoto è caratterizzata da una tettonica distensiva attiva da circa 8 milioni di anni, con una struttura a faglie normali orientate nord-sud. Nonostante l’assenza di evidenze di faglie superficiali, l’evento ha una magnitudo insolitamente alta per la zona, dove è presente anche un intenso flusso di calore dal sottosuolo dovuto all’attività geotermica di Larderello.

Reazioni scientifiche

Nel contesto scientifico di metà Ottocento, il terremoto fu studiato intensamente dai geologi dell’Università di Pisa, tra cui Leopoldo Pilla e Paolo Savi. Quest’ultimo, dopo una ricognizione sul territorio, attribuì l’origine del sisma a fenomeni tettonici, mentre Pilla avanzò una controversa teoria vulcanica. La loro disputa segnò uno dei primi esempi di analisi scientifica moderna di un evento sismico in Italia.

Azione del Granduca

Il Granduca Leopoldo II di Lorena si impegnò direttamente nei soccorsi e nella ricostruzione, visitando personalmente le zone colpite e istituendo un rapido censimento dei danni. La ricostruzione iniziò entro pochi mesi e gli aiuti furono distribuiti con criteri equi, considerando le capacità economiche delle famiglie. Il governo granducale dimostrò così una gestione efficace e organizzata, moderna per l’epoca.

Memoria popolare

A oltre 160 anni dal terremoto, la memoria dell’evento è ancora viva in molte comunità della Toscana occidentale. Lapidi commemorative e rituali collettivi annuali ricordano la tragedia e la successiva ricostruzione. Manifestazioni religiose e processioni si svolgono ancora il 14 agosto in diversi paesi, mantenendo vivo il ricordo e trasmettendo alle nuove generazioni la storia di quel flagello.

(Un racconto molto dettagliato dell’evento con tabelle e grafiche è rintracciabile sul sito Ingv: cliccando qui è possibile leggerlo)

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