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Elezioni regionali in Toscana, le liste dem col tabù listino: deroghe, faide e nomi "esplosivi"

di Mario Neri

	Monni, Dika e Nardini
Monni, Dika e Nardini

A Lucca torna in campo l’ex sindaco Tambellini. A Siena spunta Stefania Lio, vice segretaria regionale

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FIRENZE. Sul listino bloccato, quel misterioso tabù del Pd toscano dove si gioca la madre di tutte le battaglie, per ora aleggia il grande “boh”. In realtà è un “boh” strategico, che serve a non trasformare la direzione regionale di giovedì nell’ennesimo psicodramma collettivo. Anzi: nella solita guerra fredda rottamata a colpi di correnti e controcorrenti. Il Pd, quando non decide, si divide. Quando decide, litiga.

Più chiaro invece il cielo sopra le deroghe. Il segretario regionale Emiliano Fossi pare orientato – raccontano i rumors – a concederne sei. Quattro agli assessori della giunta Giani: Monia Monni, Alessandra Nardini, Simone Bezzini e Leonardo Marras. I primi tre schleiniani certificati, l’ultimo riformista doc. Due, poi, ai consiglieri regionali-fabbriche di preferenze: il bonacciniano Antonio Mazzeo e il pistoiese ellyano Marco Niccolai. Per gli assessori peraltro vige il “lodo Ceccarelli”: se fai un giro da assessore e uno da consigliere, il Pd ti conta solo quello comodo. Come il caffè.

Ma giovedì, oltre ai tecnicismi statutari, sarà anche il giorno del falò delle ambizioni. Segreterie provinciali e Fossi stesso hanno già sul tavolo file Excel, elenchi, brogliacci, insomma bozze di liste, alcune così esplosive che al Nazareno tremano le porcellane. A Pisa, per dire, si sono già attrezzati: popcorn alla mano, dopo il commissariamento del partito provinciale, si attende la sfida Nardini vs Mazzeo. Lei, la socialdem orlandiana fra le più rosse della giunta Giani, talmente red dem da essere stata ribattezzata “Alexandria Ocasio-Nardez”, che riecheggia la deputata progressista statunitense Alexandria Ocasio-Cortez. Lui, riformista d’acciaio, presidente del consiglio regionale uscente. Entrambi macinano preferenze: tra le 12.720 (lui)e le 15.560 (lei). Una faida in slow motion fatta di occhiatacce, post maliziosi e velenosi pizzicotti.

Tutt’attorno orbitano i satelliti: per l’area schleiniana il lettiano del Cuoio, Gabriele Toti, l’ex assessore pisano Andrea Ferrante, il giovane segretario cascinese Giovanni Russo. Nardella, invece, prova a piazzare Matteo Trapani, ormai cooptato al suo verbo franceschinianellyano. I riformisti, da parte loro, potrebbero sparigliare con l’ex sindaca di Ponsacco Francesca Brogi o Sonia Luca da Pontedera.

A Livorno è Elly ovunque: il segretario provinciale Alessandro Franchi, la vicesindaca Libera Camici (nome e destino). A rischio, invece, Francesco Gazzetti: le deroghe sembrano finite, come il buffet alle 23. Piombino punta su Simone De Rosas (riformista), Massa Carrara su Gianni Lorenzetti (ellyano in purezza). Stop per Giacomo Bugliani, uno dei più competenti ma sacrificato sull’altare della regola del “due giri e poi a casa” e dello statuto modificato sulla scia del populismo vaffanculotto.

A Lucca torna in campo Alessandro Tambellini: ex sindaco, non proprio un gggiovane da Occupy Pd, ma d’esperienza e comunque armocromizzato. A Pistoia, Niccolai sogna la giunta e potrebbe lasciare spazio al giovane Riccardo Trallori. Ma sogna pure Samuele Bertinelli, ex sindaco chitiano, cioè della vecchia ditta, oggi riverniciata in Elly edition. Giani invece scommette su Bernard Dika, suo portavoce e catalizzatore della Gen Z. E punta a entrare nelle lista del Pd.

A Siena, oltre a Bezzini, spunta Stefania Lio, vicesegretaria regionale, e – spoiler – anche lei ellyana. A Grosseto, se corre Marras, gli altri porteranno l’acqua (e i volantini). Diciottomila preferenze l’ultima volta: la Maremma è roba sua, una Marca. Più o meno la stessa logica pare abbia convinto il quartier generale a lasciare campo libero a Matteo Biffoni a Prato, dal quale si confida in una palingenesi dopo il falò di credibilità prodotto dall’inchiesta che ha travolto la sindaca Ilaria Bugetti, indagata per corruzione (segretamente sperano in un suo trasloco da Palazzo Pegaso al Comune). A Empoli si sfidano gli ex sindaci Brenda Barnini (riformista) e Giacomo Cucini (schleiniano). A Firenze, per la sinistra dem forse correrà Luca Milani ma soprattutto confermano Iacopo Melio, che certi davano nel listino. Ma da via Forlanini smentiscono: «Iacopo sbaraglierà i competitor a suon di preferenze».

Il tabù del listino, però, verrà rotto. Il nuovo Pd versione Schlein lo vuole usare per “controbilanciare” Giani. Un nome forte, simbolico, radical-chic quanto basta. Un profilo che dica al mondo: questo non è più il partito degli ex renziani. È il Pd della svolta, del green, del salario minimo, del femminile plurale, del conflitto di classe con filtri vintage.

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