Il Tirreno

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Fine vita

Suicidio assistito, la Consulta sul caso della donna toscana paralizzata: inammissibile l’aiuto di altri per somministrare il farmaco


	Il palazzo della Corte Costituzionale
Il palazzo della Corte Costituzionale

Il caso era stato sollevato da una 55enne affetta da sclerosi multipla progressiva. La Corte Costituzionale: «Cercare modi per l’autosomministrazione»

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Non è ammissibile l'intervento di terze persone per somministrare il farmaco che pone fine alla vita di un malato al quale siano stati riconosciuti tutti i requisiti per il suicidio medicalmente assistito ma che si trovi nell'impossibilità di autosomministrarsi il farmaco stesso. La Corte Costituzionale, con la sentenza 132 depositata nella giornata di venerdì, si è espressa sul caso di 'Libera', nome di fantasia, 55enne toscana alla quale sono stati riconosciuti i requisiti per accedere al suicidio medicalmente assistito, ma che è nell'impossibilità di autosommisistrarsi il farmaco. Uno stop, quello deciso dalla Consulta', legato a un nodo procedurale.

Il Tribunale di Firenze «non ha motivato in maniera né adeguata né conclusiva» la possibilità di «reperire un dispositivo di autosomministrazione farmacologica azionabile dal paziente che abbia perso l'uso degli arti».

Il Tribunale di Firenze aveva chiesto alla Corte Costituzionale di dichiarare se fosse legittimo vietare a un medico di somministrare a un paziente un farmaco per farlo morire, in un caso specifico: quando un paziente lo ha chiesto perché non può somministrarselo da solo, essendo impossibilitato da una malattia grave, irreversibile e totalmente invalidante. Come nel caso di Libera, assistita dal pool di legali dell'Associazione Coscioni. «La Corte costituzionale non ha preso una decisione sull'eutanasia per mano di un medico - la posizione della Coscioni - Con la sentenza ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 579 del codice penale per difetto di motivazione circa la reperibilità dei dispositivi di autosomministrazione. Ha quindi deciso di non affrontare nel merito la questione di costituzionalità sollevata con il caso di “Libera”».

La Consulta era chiamata a decidere se una persona con i requisiti per accedere al suicidio assistito potesse ricorrere anche all’eutanasia, nel caso in cui non potesse autosomministrarsi il farmaco. Con l'udienza pubblica dello scorso 8 luglio, il tema dell'eutanasia, aveva fatto dunque il suo ingresso alla Consulta. In quella circostanza, l'Avvocatura di Stato, aveva chiesto di ritenere inammissibili o non fondate le questioni relativi alla somministrazione del farmaco da parte di terze persone. La Consulta «si è espressa sul punto con esclusivo richiamo all'interlocuzione intercorsa con l'azienda sanitaria locale»: il tribunale di Firenze si era fermato a una «presa d'atto delle semplici ricerche di mercato di una struttura operativa del Servizio sanitario regionale», mentre avrebbe dovuto coinvolgere «organismi specializzati operanti, col necessario grado di autorevolezza, a livello centrale, come, quanto meno, l'Istituto superiore di sanità, organo tecnico-scientifico del Servizio sanitario nazionale».

Per il senatore di Fratelli d'Italia Ignazio Zullo, capogruppo FdI in Commissione Sanità a Palazzo Madama e relatore del ddl sul fine vita, la Consulta «legittima la nostra proposta» sul tema; per Francesco Boccia, capogruppo Pd al Senato, la sentenza invece «ci dice una cosa molto chiara: il fine vita non può essere privatizzato. La conseguenza politica di questa sentenza è che il testo sul fine vita, su cui il confronto in Senato riprenderà a settembre, deve essere cambiato».

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