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Il contratto preliminare

Assenza di concessione e nullità del contratto di compravendita

Assenza di concessione e nullità del contratto di compravendita

La legge del 1985 e gli immobili: i consigli dell'avvocato Domenico Nicosia

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Gentile redazione, sono una maestra in pensione che ha firmato un preliminare per comprare, dopo tanti sacrifici, una casa a suo figlio, ma solo dopo ho scoperto che l’immobile non ha ancora la concessione edilizia. Mi sto preoccupando: questo contratto è valido o rischia di essere nullo? Cosa posso fare se al momento del rogito definitivo la situazione non è stata sistemata? Grazie, e complimenti per il vostro impegno. 
Maria C. (Portoferraio)

Nel nostro ordinamento il contratto preliminare è quell’accordo con cui due parti si obbligano a concludere un contratto definitivo in futuro, come accade di frequente nelle compravendite immobiliari. Non si tratta, dunque, di un contratto che trasferisce immediatamente la proprietà del bene, ma di un impegno a farlo.

Ciò che però spesso genera dubbi tra cittadini e operatori è la possibilità di contestare la validità di un contratto preliminare qualora l’immobile oggetto della futura vendita presenti irregolarità urbanistiche.

In linea generale, le cause di nullità del contratto sono tassativamente previste dalla legge. L’articolo 1418 del codice civile stabilisce che un contratto è nullo se contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente, e prevede altresì la nullità nei casi espressamente stabiliti.

In ambito edilizio, la norma di riferimento è l’articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, secondo cui “gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali relativi a edifici o loro parti sono nulli e non possono essere stipulati né trascritti se dagli stessi non risultano, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi della concessione edilizia o della concessione in sanatoria”.

Da qui la questione giuridica se un contratto preliminare di vendita relativo a un immobile privo di concessione edilizia possa considerarsi nullo.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 10297 del 26 aprile 2017 ha chiarito che la nullità prevista dalla legge 47/1985 riguarda unicamente gli atti che producono effetti reali, ossia i contratti con cui si trasferisce effettivamente la proprietà del bene, come il contratto definitivo di compravendita. Al contrario, non riguarda i contratti che hanno solo effetti obbligatori, come il preliminare, il cui scopo è appunto quello di obbligare le parti alla futura conclusione del contratto traslativo.

La Suprema Corte giunge a questa conclusione valorizzando sia il dato letterale della norma, che parla esplicitamente di atti “aventi per oggetto diritti reali”, sia la possibilità, nel tempo che intercorre tra preliminare e definitivo, di sanare l’abuso edilizio o, per gli immobili costruiti prima dell’01/09/1967, di rendere una specifica dichiarazione sostitutiva della concessione.

Ne consegue che, se le parti hanno sottoscritto un contratto preliminare di compravendita avente a oggetto un immobile privo della concessione edilizia, l’acquirente non potrà far valere l’eventuale nullità già in questa fase. Dovrà attendere la stipula del contratto definitivo e verificare che, a quella data, l’alienante abbia prodotto la documentazione richiesta dalla normativa edilizia.

In mancanza, sarà solo in quel momento che l’acquirente potrà far valere la nullità dell’atto per violazione dell’articolo 40 della legge 47/1985, con tutte le conseguenze del caso.

Questo principio tutela l’efficacia degli obblighi assunti con il preliminare, senza però derogare al rispetto delle norme urbanistiche, garantendo così un equilibrio tra certezza dei rapporti giuridici e legalità edilizia.
 

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