Scrive una bestemmia su Facebook: sospensione confermata al docente toscano
Era stato fermato per otto giorni: adesso dovrà versare anche 7mila euro
FIRENZE. La sanzione resta. La bestemmia scritta sul proprio profilo Facebook per contestare la nascita del ministero dell’Istruzione e del merito giustifica la sospensione di 8 giorni dal lavoro e dallo stipendio. La Corte d’Appello ha confermato la sentenza di primo grado a carico di Filippo Zolesi, 45 anni, all’epoca dei fatti docente di matematica e fisica all’Itt Marco Polo di Firenze e consigliere di quartiere per Sinistra Progetto Comune.
Cosa era successo
Il post era stato pubblicato nell’ottobre 2022 e il 3 novembre era arrivata la contestazione di addebito disciplinare per l’espressione blasfema ritenuta «offensiva del sentimento religioso e, in quanto riferita espressamente al ministero, in palese grave contrasto con le funzioni proprie dello status di docente nonché in violazione dei doveri ed obblighi di correttezza nei confronti dell’amministrazione di appartenenza».
Sostenuto dalla stima degli studenti, Zolesi, che si era subito scusato, tramite il suo legale aveva sottolineato la natura privata del post sul profilo Facebook in un contesto estraneo al mondo scolastico. Ma questo non aveva abbassato il livello della polemica rispetto quanto scritto. Tanto che anche la Cgil aveva espresso la propria solidarietà nei confronti del docente.
Le due sentenze
Dopo aver perso in primo grado, con condanna a pagare oltre 5mila euro di spese legali al ministero, il professore ha impugnato la sentenza ottenendo un secondo rifiuto e una nuova condanna a pagare pià di 2mila euro di spese di lite. Per un totale di settemila euro da dover versare. Per la Corte d’Appello secondo la più recente giurisprudenza «è lo stesso mezzo utilizzato (Facebook) ad avere di per sé solo l’idoneità, anche se ad accesso circoscritto, a veicolare la comunicazione verso un pubblico indeterminato; diversamente, se la comunicazione avviene tra un numero esiguo di partecipanti (chat privata) , la stessa è equiparata ad una qualsiasi corrispondenza caratterizzata da inviolabilità».
E neanche può essere riconosciuta la libertà di pensiero attraverso una bestemmia, «richiedendosi semplicemente che – nell’esprimere le proprie opinioni – sia rispettato il principio di continenza, con l’utilizzo di un linguaggio consono al proprio ruolo e funzione educativa, cosa non avvenuta nella specie dal momento che era stata utilizzata una espressione blasfema, offensiva del sentimento religioso: in proposito, si deve escludere che la bestemmia possa essere giustificata per il solo fatto di essere espressione popolare fiorentina».
Rimane nella scheda personale del docente – a meno di eventuali ricorsi in Cassazione – la sanzione disciplinare per il professore che ha «posto in essere una condotta connotata da colpa nel non rendersi conto che, sempre in virtù della sua posizione di docente, avrebbe dovuto astenersi dall’utilizzo di una espressione offensiva del sentimento religioso e scorretta nei confronti del proprio datore di lavoro».