Daniela Massi, l’anatomopatologa romana che ha scelto la Toscana: «Vi dico il mio antidoto allo stress da vita da medico»
La professionista rivela: «Ma da bambina volevo diventare una hostess per volare fra le nuvole...»
Dopo la laurea in medicina conseguita con il massimo dei voti Daniela Massi, nata a Roma nel 1969, e poi – per esigenze di lavoro – cittadina del mondo, avrebbe potuto scegliere di continuare il suo percorso in campi meno complessi. Invece si è orientata verso anatomia patologica, una branca medica che studia le alterazioni, a livello macroscopico e microscopico, causate dai processi morbosi negli organi e nei tessuti del corpo umano, al fine di poter stabilire una diagnosi e supportare la gestione di diverse patologie, inclusi anche i tumori.
Quale è stata la molla che l’ha portata verso un campo così interessante ma al tempo stesso complesso?
«Il grande fascino e la passione che i miei professori trasmettevano durante le lezioni su questa tematica, con le loro spiegazioni coinvolgenti. Mi colpì in particolare scoprire che attraverso l’analisi dei tessuti, si potessero ottenere informazioni fondamentali per aiutare i colleghi a decidere il miglior trattamento per i pazienti. A convincermi del tutto, poi, fu il dottor Bernard Ackerman, mio autorevole maestro, con cui ho avuto il privilegio di formarmi a Philadelphia, facendomi capire che il tema più cruciale nella nostra pratica è la capacità di pensiero analitico, logico e incisivo, ovvero il pensiero critico. Abilità fondamentale e applicabile quotidianamente n campo medico».
Ma la medicina era già protagonista delle sue fantasie infantili, quando pensava a una Daniela adulta o l’idea è maturata negli anni della scuola?
«No, la scienza non faceva proprio parte dei miei interessi. Ero più attratta dall’idea di diventare una hostess, sognando di volare tra le nuvole. Ricordo invece con terrore le spettacolari “sessioni di terapia” con mia sorella, che amava il ruolo del dottore e mi obbligava a farle da paziente, sottoponendomi a medicazioni incredibili, scaldando il cotone sulle lampadine (allucinante ma vero!) per poi applicarlo sulla mia pelle, come se fossimo in una spa esotica... Solo con il tempo e un pizzico di maturità ho capito che, forse, c'era qualcosa di premonitore in quei giochi infantili. Così, una volta superate le scuole superiori, ho deciso di dedicarmi a curare i miei simili, affrontando gli studi con la determinazione di un atleta alle Olimpiadi, fissandomi obiettivi sempre più ambiziosi, superando le sfide con impegno, passione e, spesso, anche con un po’ di sana testardaggine».
È sposata? Ha figli?
«Sono sposata e ho due figli maschi: uno di 28 anni, già medico, e un altro, di 19, che sta studiando per diventarlo. Ed ho ancora i miei genitori, rispettivamente di 86 e 92 anni, che sono il mio caposaldo di saggezza e affetto, nonché coloro che hanno contribuito a dare alla famiglia valori importanti».
Lei, che madre e che figlia è stata?
«Devo confessare che, almeno in certe fasi, sono stata una madre e una figlia un po’ meno presente “in carne ed ossa”, spesso fuori casa e spesso all’estero. Ho sofferto per questa lontananza, ma spero, in modo forse un po' egoistico, che la mia famiglia ne abbia sofferto meno».
Il suo è un mestiere totalizzante. E, se non ha grandi spazi per la famiglia, ne avrà meno per il tempo libero…
«Purtroppo sì. Però, appena posso, mi dedico ad attività all’aria aperta, per staccare la spina, mantenere l’equilibrio e riflettere. Adoro la bicicletta, faccio lunghe passeggiate, soprattutto in montagna: i paesaggi delle Dolomiti, con i loro panorami mozzafiato, sono il mio antidoto allo stress e il mio modo di riconnettermi con la natura e ogni estate, con mio marito, ci infiliamo gli scarponi per esplorare le meraviglie di quei luoghi straordinari. Oppure, quando siamo in vacanza a Castiglioncello, dove abbiamo una casa, raggiungiamo, sempre con le due ruote, le meravigliose spiagge bianche. Con mia madre, invece, condivido la passione del giardinaggio, anche se, sempre per questioni di tempo, questa passione rimane spesso un sogno nel cassetto».
Veniamo al problema melanoma, a cui lei si dedica da tempo con grande tenacia. È uno dei tumori più temibili e, a quanto si dice, in fase di crescita. Da cosa dipende il suo sviluppo? Dal sole, dall’inquinamento? dalla genetica?
«Il melanoma deriva da una combinazione di fattori. Il principale è l’esposizione ai raggi ultravioletti, provenienti dal sole e da fonti artificiali come le lampade abbronzanti. Infatti, l’esposizione intensa e intermittente al sole, in particolare durante la giovane età, aumenta significativamente il rischio di sviluppare questa forma di tumore cutaneo. Tuttavia, anche la genetica gioca un ruolo importante. Le persone con una storia familiare di melanoma, pelle chiara, molti nei o nevi displastici (nevi particolarmente atipici) sono più suscettibili».
La prevenzione resta comunque fondamentale.
«Sì. L’uso di protezione solare, l’evitare esposizioni eccessive e controllare regolarmente i nèi, sono strategie essenziali per ridurre il rischio. Sebbene l’inquinamento ambientale possa avere effetti nocivi sulla salute generale e sulla pelle, il suo ruolo diretto nello sviluppo del melanoma però non è ancora completamente chiarito e richiederà ulteriori studi».
Risponde a verità il fatto che sono sempre meno i medici desiderosi di specializzarsi in anatomia patologica? E se sì, quale potrebbe essere il motivo secondo lei, che invece si è dedicata totalmente e con entusiasmo a questa importante branca?
«Purtroppo è vero. A livello mondiale, ci sono oltre 13 milioni di medici, ma solo uno ogni 120, pari allo 0,8%, è un anatomopatologo. Si stima che entro il 2030 il numero di patologi in attività possa ridursi del 30% rispetto al 2010. In Italia, negli ultimi cinque anni, il numero complessivo di specialisti è diminuito di oltre il 25%».
Quali fattori contribuiscono a questa decrescita?
«Ce ne sono diversi. La percezione del lavoro come molto specializzato e meno orientato al contatto diretto con i pazienti; le lunghe ore di formazione e una difficoltà nel riconoscimento economico e professionale rispetto ad altre specialità mediche, rendono tale carriera meno “attrattiva”».
La conseguenza di tutto ciò?
«Una possibile riduzione dell’efficienza della diagnosi, con ritardi nelle cure e un impatto negativo sui risultati clinici. Vedremo se le recenti misure di incentivazione economica, rivolte a coloro che sceglieranno di intraprendere questa professione ancora poco appetibile, avranno effetto sulle future scelte dei giovani colleghi. La vera sfida, però, si gioca già a livello dei corsi di laurea: dobbiamo impegnarci per attrarre gli studenti, trasmettendo loro l’importanza fondamentale e la centralità di questa disciplina così indispensabile alla nostra salute».
La biografia
Classe 1969, Daniela Massi è professore ordinario di anatomia patologica all’Università di Firenze e direttore del servizio di Anatomia Patologica di Careggi. È adjunct professor alla New York University. Dal 2019 collabora con l’Asl Toscana Nord Ovest per attività di second opinion su melanomi e tumori cutanei rari. Si è specializzata in dermatopatologia presso la Thomas Jefferson University di Philadelphia e ha ottenuto l’International Board Certification in Dermatopathology a Francoforte. È stata Chair dello Skin Working Group della Società Europea di Patologia ed è attualmente Chair del Melanoma Pathology Group dell’EORTC. Nel 2017 ha ricevuto il premio “Prix International Jean Civatte de Dermatopathologie”. È stata eletta presidente dell’Intergruppo Melanoma Italiano (Imi) per il triennio 2026-2028. Nel 2018 è stata uno dei quattro estensori della classificazione del melanoma dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ed è membro del gruppo di esperti nella 5ª edizione. Più recentemente, unica italiana, è stata nominata nel Comitato Estensore dell’International Collaboration on Cancer Reporting, per la refertazione del melanoma a livello mondiale. Vincitrice di numerosi progetti di ricerca nazionali e internazionali, dal 2019 fa parte del Club Onda “Top Italian Women Scientists”, dedicato alle scienziate italiane impegnate nella ricerca.