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Visita al carcere di Prato, l’incontro con i detenuti e le storie che fanno riflettere


	Il carcere della Dogaia a Prato
Il carcere della Dogaia a Prato

Cinque classi del Copernico hanno varcato la soglia della Dogaia e hanno incontrato persone detenute, funzionari ed educatori

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Lo scorso 9 aprile cinque classi quarte del liceo Copernico di Prato hanno potuto conoscere da vicino la realtà del carcere della Dogaia. Trenta alunni e alunne, accompagnati dal dirigente scolastico Luca Borgioli e dai docenti Marco Biagioli, Silvia Caserta, Lorenza Miretti e Chiara Scala, si sono recati nella struttura e hanno avuto l’opportunità di dialogare con alcune persone detenute e con funzionari ed educatori, mentre gli altri studenti hanno assistito collegati dalla biblioteca. L’iniziativa si è svolta nell’ambito del progetto di Educazione alla cittadinanza "Res publica", in collaborazione con il progetto "Voci dall’altra parte della città", portato avanti dalla polizia municipale di Prato che ha supportato il liceo nell’organizzazione.

Gli studenti sono stati preparati dai docenti che hanno approfondito il tema attraverso la lettura di testi e soffermandosi sull’articolo 27 della Costituzione italiana e quindi sul valore rieducativo della pena. Ecco le loro osservazioni.

«Avvolti da emozioni forti»

Siamo stati avvolti da emozioni forti: fin dai primi passi, tristezza e spaesamento sono entrati in noi. Dopo attenti controlli iniziali, infatti, abbiamo percorso un lungo corridoio celeste decorato da disegni realizzati probabilmente dai detenuti stessi. A tratti, mentre camminavamo, i nostri sguardi si sono incrociati con quelli di alcuni dei carcerati che sarebbero poi venuti a parlare con noi. Non nascondiamo, quindi, che forti pregiudizi hanno invaso i nostri animi nel vederli così, liberi nel corridoio, a pochissima distanza da noi. Poi ci siamo sistemati in una sorta di auditorium e qui abbiamo avuto il piacere di affrontare un dibattito, preceduto e concluso da interventi istituzionali, con i detenuti stessi. L’attività è stata davvero molto toccante, motivo per cui ci teniamo a ringraziare la scuola e i professori che hanno deciso di aderire a questo progetto. Ascoltare riflessioni, in certi casi non superficiali, di persone che agli occhi della società possono apparire "inferiori" si è rivelato davvero interessante poiché ci ha fatto capire che in realtà sono persone semplicemente "diverse" da noi, che abbiamo più possibilità e occasioni sotto tutti i punti di vista rispetto a molte di loro. È stato inoltre piacevole percepire il loro desiderio di reinserimento e la voglia di rivalsa nella società: coloro che abbiamo ascoltato sono persone determinate, decise e convinte di voler cambiare in positivo il loro futuro. Questa giornata si è conclusa in modo differente da come era iniziata, poiché ci siamo portati dietro un’esperienza inedita, diversa da quella che acquisiamo a scuola, ma per certi versi anche più formativa dal momento che ci ha permesso di venire a contatto con la vera vita facendoci capire chi si nasconde, in alcuni casi, dietro quelle sbarre.
Alessandro Gestri, 4ªHs

«Credo nel reinserimento»

Nonostante fossi già da prima incuriosito dall’evento, non mi aspettavo niente di così interessante e coinvolgente, non mi aspettavo di interagire con i detenuti e di conoscere le loro storie. Ma, come il resto degli studenti, sono rimasto sorpreso positivamente. Alcuni dei ragazzi del carcere hanno raccontato la loro esperienza e hanno risposto alle nostre domande. Sono in via di recupero o a fine pena, tutti decisi a riprendere in mano le proprie vite, chi attraverso lo studio, chi attraverso gli affetti all’esterno e chi attraverso i sogni da realizzare una volta usciti da lì. Tutti loro hanno sottolineato come il carcere sia un luogo di sofferenza, in cui non tutti riescono ad alzarsi ogni giorno dal letto, in cui sei solo e devi trovare il modo di riempire il tempo, unica cosa che lì non manca mai. Eppure proprio l’abbondanza di tempo ha dato ad alcuni di loro la possibilità di studiare e di imparare nuove cose, ma soprattutto di pensare, riflettere e cercare di ritrovare sé stessi. Un ruolo importante lo ricoprono educatori ed educatrici che accompagnano ogni detenuto lungo questo percorso, oltre ad ascoltarli e a sostenerli. L’esperienza penso abbia arricchito tutti noi, probabilmente in modo diverso. Io, per quanto valga, credo più di prima nelle seconde possibilità e nel reinserimento nella società. Dietro ogni errore spesso si trova una particolare circostanza che porta a commetterlo: l’umano sicuramente è fragile e non sempre riesce a evitare di sbagliare.
Antonio Manetti, 4ªHs

«Speranza oltre il dolore»

Per noi l’incontro al carcere della Dogaia è stato interessante e stimolante, i ragazzi che hanno avuto la fortuna di partecipare all’incontro in presenza hanno inizialmente provato un po’di timore ma si sono ricreduti grazie alle testimonianze dei detenuti che abbiamo scoperto essere persone come noi. Anche i ragazzi che hanno partecipato all’incontro tramite videochiamata dalla biblioteca del nostro istituto hanno apprezzato gli interventi dei carcerati e hanno capito cosa succede dentro quelle mura, che sono sì luoghi di sofferenza e reclusione, ma anche di nuove possibilità e speranza. In generale pensiamo che questo incontro sia stato utile per capire che dentro a quelle mura ci sono delle persone come noi con sogni e aspirazioni, ci teniamo a ringraziare tutte le persone che lo hanno reso possibile perché è stata davvero una bella esperienza.
Studenti della 4ªDs

«Ogni storia è diversa»

Dopo essere entrati nella struttura carceraria abbiamo effettuato numerosi controlli, tra cui il sequestro dei cellulari e di ogni oggetto metallico sulla persona, ci hanno guidato attraverso i corridoi del carcere. Dopo un’introduzione del progetto da parte dei dirigenti della Dogaia e del nostro dirigente scolastico, i detenuti hanno iniziato a gruppetti a raccontarci la loro vita nel carcere, del loro percorso scolastico o universitario al suo interno, e delle loro opinioni sul carcere come struttura. Ogni storia era diversa dalle altre: chi è carcerato da qualche mese, chi da più di 10 anni, chi aspettava di rivedere i propri genitori, chi i propri figli, chi è alla Dogaia da sempre e chi ha cambiato struttura più volte di quante ne poteva contare, ma tutti concordavano su una cosa, cioè il fatto che il carcere è un posto da evitare. Nonostante ciò, in molti hanno testimoniato il cambiamento che ha causato questo tempo speso nella prigione, dando loro anche l’opportunità di studiare e ottenere una laurea.

Questo progetto ci ha permesso di percepire da molto vicino un mondo che normalmente è distaccato da noi e poter capire in parte come è davvero la vita per i detenuti e la loro percezione del carcere.
Dilaver Kokalari 4ªFS

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