8 marzo, indipendenti ma non in banca: una donna su 5 senza conto corrente
E oltre il 60% di chi lo possiede, ha un rapporto bancario cointestato. Solo il 22% pianifica risparmi e investimenti, meglio il target 25-44 anni
Parità è anche indipendenza economica e finanziaria: lavoro e libertà di gestire i propri soldi. Una donna su 5, vale a dire il 20 per cento (contro il 5% degli uomini) , in Italia non ha ancora un proprio conto corrente bancario e neppure familiare. L’82% dei casi ha un conto, ma nel 67% è cointestato con il marito o compagno. Sottraendo questi numeri, abbiamo solo il 15% delle donne che ha intestato solo a se stessa un conto corrente. Un gap enorme.
Fotografato dall’indagine che il Museo del Risparmio di Torino ha realizzato in collaborazione con Episteme, e con il sostegno di Intesa Sanpaolo, una ricerca inedita volta a esplorare il grado di consapevolezza e padronanza della popolazione italiana femminile nella gestione del denaro. Una questione strettamente legata al lavoro e al reddito: il 63% delle donne dichiara di percepire un reddito, rispetto all’85% degli uomini, che è più basso rispetto alle figure di riferimento maschili (il padre, il compagno).
Le donne inoltre esprimono anche un minor interesse in ambito finanziario e solo il 50% si dichiara abbastanza o molto competente, rispetto al 68% degli uomini. Un divario di conoscenza da cui derivano la minore capacità di risparmio, «vissuto come pratica residuale più che come pianificazione» (solo il 22.6% risparmia in modo regolare) , la minore propensione all’investimento (il 45% delle donne che risparmiano e prevalentemente in piccola parte. I segnali più incoraggianti provengono dal target di 25-44enni che costituiscono un segmento molto più evoluto, per emancipazione economico – lavorativa e allineamento alle conoscenze e ai comportamenti degli uomini. Inoltre, rispetto al resto del campione femminile, «le laureate hanno maggiore confidenza con i temi economici (conoscenza e aggiornamento), capacità di intervenire nelle scelte familiari circa la gestione economica, propensione al risparmio e all’investimento e attitudine al consumo di qualità». Le appartenenti a questo segmento sono infine le più interessate alla formazione in ambito economico (anche più del totale uomini). Il divario fra donne e uomini resta.
Si conferma nello stipendio che, calcoli alla mano, evidenzia come gli uomini in Italia in media percepiscano il 28,34% in più a parità di mansioni e profili, delle donne. E resta il divario anche nell’accesso al credito. Secondo i sindacati confederali di categoria, le imprese a conduzione femminile hanno più difficoltà all’accesso ai finanziamenti bancari. Come se, in questo caso, non contassero i bilanci e le previsioni di lavoro a garantire la sostenibilità di un credito. È anche per questo che l’Abi, l’associazione dei bancari italiana, pone l’accento sul favorire l’indipendenza economica delle donne promuovendo competenze economiche e una maggiore conoscenza dei servizi finanziari, a partire dal conto bancario personale come strumento di pari opportunità, utile per gestire in autonomia il proprio denaro. Il progetto di ABI e Federcasse, la Federazione italiana delle banche di credito cooperativo e casse rurali, lancia l’iniziativa di divulgazione ed educazione finanziaria “Il mondo bancario per l’autonomia finanziaria ed economica delle donne” nell’ambito del progetto “Una donna, un lavoro, un conto”.
Un progetto pilota che avrà come protagonista il territorio di Milano. «Formazione economica finanziaria e inserimento nel mondo del lavoro sono aspetti fondamentali per lo sviluppo di comunità e territori, l’autonomia delle persone e le pari opportunità- ha precisato Marco Elio Rottigni, direttore generale dell’Abi- il mondo bancario è in prima linea per promuovere educazione finanziaria e competenze per la gestione del risparmio come strumenti di inclusione economica e sociale e di libertà. Dobbiamo favorire una crescente conoscenza dei servizi bancari a supporto delle scelte economiche e finanziarie. Il progetto in campo potrà contribuire ad affrontare fenomeni quale quello dell’esclusione e della violenza economica sulle donne».