Il Tirreno

Toscana

La tragedia

Strage Calenzano, lo scempio sui corpi dei lavoratori: non basta l'autopsia, serve il test del dna per restituirli ai familiari

di Luigi Spinosi

	Le cinque vittime della strage sul lavoro a Calenzano
Le cinque vittime della strage sul lavoro a Calenzano

Prosegue l’indagine della procura, che punta l’indice sulla fase di manutenzione. Al momento dell’esplosione erano in corso lavori agli impianti e proseguivano le operazioni di carico

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CALENZANO. Troppe tragedie nella storia del nostro Paese hanno lasciato i familiari delle vittime senza nemmeno una tomba su cui piangere i propri cari e, vista la violenza dell’esplosione, uno scenario analogo ha rischiato di riproporsi anche per le cinque persone che hanno perso la vita al deposito Eni di Calenzano in quel terribile lunedì 9 dicembre. Troppo dilaniati i corpi investiti dal fuoco e dall’onda d’urto nell’esplosione che ha spezzato le vite di Davide Baronti di 49 anni, di Franco Cirelli di 45 anni, di Carmelo Corso di 57 anni, di Vincenzo Martinelli di 51 anni e di Gerardo Pepe di 45 anni. Non erano cadaveri, come commenta il procuratore Luca Tescaroli titolare dell’inchiesta, spiegando che, accanto al lavoro per ricostruire l’accaduto e individuare eventuali responsabilità, c’è anche da svolgere un compito non meno importante, ossia restituire alle famiglie le spoglie dei propri cari.

Dare un'identità certa

Così, terminate all’istituto di medicina legale le autopsie sulle cinque vittime dell’esplosione, per le quali la procura di Prato aveva incaricato i medici legali Beatrice Defraia, Martina Focardi e Rossella Grifoni, dalla stessa procura arriva la notizia di un altro incarico, questa volta, appunto, per dare un’identità certa ai resti delle vittime. E per farlo non ci si baserà solo sulla ricostruzione dei momenti precedenti l’orrore, e quindi sulla posizione delle persone uccise al momento dell’esplosione, ma si ricorrerà a parametri medici, primo tra tutti l’esame del Dna, oltre agli accertamenti sui dati antropometrici e all’analisi delle impronte dentarie.

Due nuovi esperti

Per questo scopo la procura di Prato ha affidato l’incarico al genetista forense dell’azienda ospedaliera e universitaria di Careggi Ugo Ricci (lo stesso che, fra le altre inchieste, si era occupato del caso di Kata, la bambina scomparsa dall’ex hotel Astor di Firenze nel giugno del 2023) e alla professoressa dell’Università di Firenze Vilma Pinchi, medico legale specializzato in identificazione ontologica. Saranno i loro accertamenti, che prevederanno anche il prelievo di campioni di Dna dai parenti delle vittime, ad attribuire il nome esatto, tra quelli di Carmelo, di Davide, di Franco, di Gerardo e di Vincenzo, a ciò che quell’esplosione ha lasciato dietro di sé.

L'indagine prosegue

Accanto a quest’aspetto prosegue anche l’altro compito della procura, quello investigativo sul quale viene mantenuto un riserbo strettissimo. «Stiamo studiando la documentazione acquisita», si limita a dire il procuratore Tescaroli, il quale però non va oltre. Al momento, insomma, non è dato di sapere se ci sono già dei nomi iscritti nel registro degli indagati per le ipotesi di reato, che al momento sono quelle di omicidio colposo plurimo, crollo di costruzione o altri disastri dolosi e rimozione od omissione dolosa di cautele antifortunistiche.

All’interno di questo lavoro di indagine, sul quale stanno lavorando i carabinieri del Nucleo investigativo di Firenze, i vigili del fuoco e il dipartimento prevenzione dell’Asl Toscana Centro, oltre a un team di consulenti tecnici di alto profilo, sta proseguendo l’attività di acquisizione di testimonianze e di documenti. Attività che ha portato alla perquisizione delle sedi dell’Eni e della ditta Sergen di Grumento Nova, in Provincia di Potenza, la stessa per cui lavoravano due delle cinque vittime, ossia Franco Cirelli e Gerardo Pepe.

Concentrati sulla manutenzione

Al momento dell’esplosione, infatti, erano in corso lavori di manutenzione agli impianti da parte della ditta lucana, e uno dei punti da chiarire è proprio questo, ossia se vi sia stata una correlazione tra quei lavori e quanto accaduto alle 10 e 20 minuti di lunedì, e se quei lavori potevano essere effettuati con l’impianto aperto, ossia mentre in un’altra corsia erano normalmente in corso le operazioni di carico e scarico del carburante o se, durante l’intervento, l’attività ordinaria debba essere sospesa. Le domande di fondo, a cui dovrà essere trovata una risposta, sono al momento due: che cosa ha causato l’esplosione (che ha provocato anche nove feriti oltre alle cinque vite spezzate) e di chi è la responsabilità. Per poi passare all’altro punto interrogativo, ossia cosa fare perché, in futuro, non si debbano vivere altre tragedie del genere.l


 

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