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Oltre 40 licenziamenti al porto di Civitavecchia

di Maurizio Campogiani

	Uno scorcio del litorale dall'alto (foto di repertorio)
Uno scorcio del litorale dall'alto (foto di repertorio)

Dopo i 17 annunciati dall’azienda che si occupa della gestione dello scarico di carbone alla banchina, arrivano quelli comunicati dalla società che svolge diversi servizi nello scalo marittimo

27 settembre 2024
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CIVITAVECCHIA. È un momento difficile sul piano occupazionale nel porto di Civitavecchia. La scorsa settimana la “Minosse”, società che gestisce le operazioni di scarico del carbone destinato alla centrale Enel, aveva annunciato 17 esuberi alla luce dell’assoluta mancanza di operatività, frutto della decisione assunta dal Governo di uscire entro il 2025 dalla produzione di energia attraverso quel genere di fossile. Nei giorni scorsi è arrivata un’altra notizia shock: Port Mobility, società di interesse generale che occupa oltre cento persone e svolge diversi servizi all’interno dello scalo marittimo, ha infatti annunciato ben 26 licenziamenti, praticamente la metà del personale attualmente utilizzato nel settore della viabilità.

Nella comunicazione, inviata, oltre che alle organizzazioni sindacali a tutti i livelli (nazionali, regionali e locali), anche all’Ispettorato Provinciale del Lavoro, all’Assessorato al Lavoro della Regione Lazio e all’Autorità Portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale, Port Mobility motiva le ragioni della sua decisione. Il presidente della società di interesse generale, Edgardo Azzopardi, riporta il calendario indietro al 26 luglio scorso, ovvero al momento in cui le nuove banchine 27, 28, 29 e 30 sono state affidate con una concessione di validità quadriennale alla Logiport S.p.A. del gruppo Grimaldi.

«Sebbene il piano operativo prevedesse la possibilità di fornire una molteplicità di attività all’interno di quelle aree – si legge nella comunicazione – è stato formalizzato un accordo limitato esclusivamente alle attività di imbarco, con scadenza prevista per il 2 gennaio 2025». Quel contratto, sulla base delle cifre evidenziate da Port Mobility, non è in grado di compensare la perdita dei servizi in precedenza svolti sulle banchine pubbliche e oltretutto, essendo molto limitato nel tempo, non consentirebbe la minima programmazione. Ma nella comunicazione di Port Mobility ci sono anche altre motivazioni.

C’è che nel giugno scorso, con un apposito decreto, l’Autorità Portuale ha definito nuove tariffe per tutte le società di interesse generale, con una significativa riduzione degli importi pagati dall’utenza sulle aree private, con un calo tariffario variabile tra il 40% e il 74%. «Alla riduzione delle attività di viabilità complessivamente rese per i traffici connessi all’armatore Grimaldi – prosegue Azzopardi – si è aggiunta dunque la significativa diminuzione delle tariffe per gli altri servizi forniti nell’ambito delle banchine private. Una riduzione, quest’ultima, che rende le nuove tariffe su tali banchine poco remunerative alla luce dei notevoli costi gestionali e di personale connessi all’organizzazione dei servizi resi e che comporterà una contrazione del fatturato stimabile in circa due milioni di euro». Nella parte finale della comunicazione Port Mobility informa che l’attuale situazione aziendale non rende possibile la predisposizione di misure di sostegno diretto per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale dell’attuazione dei licenziamenti collettivi programmati. La società si dichiara comunque fin da ora disponibile a confrontarsi sulla questione con le parti sociali, al fine di predisporre eventuali misure alternative, mirate ad aiutare i lavoratori interessati dagli esuberi nella transizione post-lavorativa. Una decisione, quella dell’azienda, che farà sicuramente discutere, anche perché a novembre del 2023 l’Autorità Portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale era rientrata nel libro soci dopo aver riacquistato il 5% delle quote da lei detenute in precedenza e poi vendute.

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