5G, elettromagnetismo e nuovi limiti: la Regione Toscana teme una foresta di antenne
L’aumento dei valori voluto dal governo può far impennare gli impianti: da qui lo studio con Arpat e Ars
FIRENZE. C’è una ragione precisa per la quale la Regione Toscana ha deciso di avviare, con Arpat e Ars, uno studio per capire se il 5G danneggi o no la salute. Le antenne potrebbero infatti, fra non molto, infittirsi in un crescendo finora mai visto. E non quantificabile.
La notizia dell’avvio dello studio è stata anticipata dal Tirreno. Con una delibera firmata dagli assessori all’ambiente, Monia Monni, e alla sanità, Simone Bezzini, Palazzo Strozzi Sacrati vuole capire se i campi elettromagnetici generati dalle «stazioni radiobase» della nuova tecnologia di connessione contribuiscono a far sviluppare i tumori.
Negli ultimi dieci anni le postazioni, cioè i punti dove si installano uno o più impianti – dove per “impianti” si intendono quelli che in gergo chiamiamo “ripetitori” – sono passate dalle 3.344 del 2013, che corrispondono a 6.758 impianti, alle 4.769 del 2023, pari a 19.540 impianti. La media regionale è di 13 postazioni ogni 10mila abitanti, con il picco in provincia di Grosseto (20,7 postazioni), in virtù del vasto territorio scarsamente popolato, e il minimo a Prato (10,3), territorio più piccolo ma ad alta densità di popolazione. E, infatti, se si guarda al numero di postazioni per chilometro quadrato, Prato è prima con 0,7 postazioni e Grosseto è ultima, con 0,1 postazioni.
Questa la situazione fotografata dall’Arpat nel 2022. Ma lo scenario, come detto, è destinato a cambiare.
Con la legge 214 del 30 dicembre 2023, il governo Meloni ha consentito, a partire dal 24 aprile di quest’anno, di alzare il valore limite dei campi elettromagnetici da 6 Volt al metro (era tra i più bassi in Europa) a 15 Volt al metro. Ha anche snellito le procedure per chiedere l’autorizzazione a installare nuovi impianti, nell’ottica di far decollare la tecnologia 5G. Questa novità consente che in alcune zone, già sature secondo la vecchia norma, si possano installare ulteriori impianti, e permette anche di avere più antenne in zone dove finora ce n’erano di meno. Ma non solo.
Le antenne 5G sono “più piccole” di quelle tradizionali. Ma, si badi bene: “più piccole” non di dimensioni, bensì di potenza. Per ottenere la stessa pressione elettromagnetica occorre che le antenne 5G siano installate in modo più capillare. E anche questo aspetto contribuirà a infoltire la “foresta” di impianti.
Da qui la preoccupazione della Regione Toscana, non solo per gli aspetti paesaggistici ma anche per la salute dei cittadini. «L’attenzione sul tema dell’esposizione ai campi elettromagnetici è di primario interesse, sia sul fronte della tutela della salute che dell’ambiente», spiega l’assessora Monni. «Continuiamo a essere contrari alla posizione del governo Meloni – prosegue – che ha innalzato i limiti di esposizione. Su questo come Regione Toscana, consapevoli della strategicità dello sviluppo della rete, avevamo avanzato una proposta che puntava ad un migliore utilizzo della banda a disposizione dei gestori senza innalzamento tout court dei limiti. Il Governo ha scelto un’altra strada e noi non possiamo che assicurare vigilanza attenta e severa».