Le Paralimpiadi ci dicono che ognuno ha diritto alla pratica sportiva
Da Parigi arriva un monito contro le barriere
Proprio oggi la Torre Eiffel spegnerà luci e riflettori sui mitologici cinque cerchi olimpici. Anche questa volta una grande festa dello sport e delle conoscenze non solo atletiche, ma anche di popoli e culture lontane e spesso dimenticate. Si è parlato di primati ma pure di pace, conflittualità e diritti. Prima il clamore di stampa, dei social e della opinione pubblica sui risultati degli atleti normodotati e dopo, molto, ma molto più in sordina quelle delle fantastiche ragazze e ragazzi che hanno gareggiato, da tutto il mondo, con le loro disabilità. Un evento sportivo straordinario, non solo per le prestazioni atletiche ma anche per il profondo significato sociale e culturale. Una preziosa piattaforma per promuovere l'inclusione, l'uguaglianza e la diversità.
Gli atleti dimostrano che lo sport può essere un potente strumento di cambiamento, capace di unire le persone e di abbattere limiti e barriere. Il loro esempio è stimolo e insegnamento per altre ragazze e ragazzi con le medesime problematiche e per le loro famiglie. Forse un po’ meno per i Governi, almeno in diversi casi. Il nostro Paese ha presentato una delegazione composta da 141 atleti, 71 uomini e 70 donne, che si sono misurati in 17 delle 22 discipline presenti nel programma. Credo la più numerosa di tutte e di sempre nella storia italiana. L’obiettivo era migliorare le 69 medaglie di Tokio 2020, seconda migliore performance dopo gli 80 podi di Roma 1960, prima edizione delle Paralimpiadi.
Una squadra eccellente con personaggi come Bebe Vio, Manuel Bortuzzo, Ambra Sabatini e Luca Mazzone. Ma sono tanti di più gli atleti che meriterebbero di essere citati perché speciali sono anche le loro storie e la loro tenacia, come quelle della bella delegazione di 34 atleti della Regione Toscana. Con le Paralimpiadi si assiste a un crescente riconoscimento del diritto di ogni individuo a partecipare pienamente alla vita sociale, inclusa la pratica sportiva, a prescindere dalle proprie condizioni fisiche. Una grande manifestazione di valori umani universali, come la perseveranza, la solidarietà e il rispetto, ricordandoci che il vero limite risiede non nel fisico ma nella mente e che, con la giusta determinazione, si possono raggiungere traguardi straordinari. Se i Giochi Olimpici ci hanno fatto emozionare per i nostri campioni e arrabbiare per alcune controverse decisioni arbitrali, le Paralimpiadi ci hanno fatto anche commuovere.
Certo, attenzione a non limitarsi alla retorica del buonismo che comporta per tutti un minimo sforzo. «Il risultato non conta, l’importante è partecipare». Lo si dice pensando a persone da cui ci si aspetta di meno o da cui diamo per scontato che non possano farcela. Sollevandoci velocemente da responsabilità. Un pensiero, un linguaggio “disabile”, forse. Mettiamoci invece in gioco davvero con quel mondo, la sfida continua anche domani, anche quando la fiamma del braciere di Parigi si spegnerà.