Il Tirreno

Toscana

L’intervista

Firenze, calciatore 15enne picchiato in campo. Il capo degli arbitri applaude il collega di 16 anni: «Impeccabile, non è più un calcio sereno»

di Tommaso Silvi

	A sinistra l'arbitro dopo l'aggressione del calciatore 15enne, a destra il presidente degli arbitri toscani Tiziano Reni
A sinistra l'arbitro dopo l'aggressione del calciatore 15enne, a destra il presidente degli arbitri toscani Tiziano Reni

Parla Tiziano Reni, presidente dell’Aia Toscana, dopo l’episodio nella gara del campionato Allievi B: «Gli ho telefonato subito, ha mantenuto freddezza e lucidità. Continuerà ad arbitrare. Ogni settimana un’aggressione, dobbiamo tutti impegnarci per abbassare i toni»

11 dicembre 2023
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FIRENZE. Lo ha chiamato poche ore dopo la partita. Racconta di averlo sentito «scosso e sconvolto». E aggiunge: «Non dimentichiamoci che stiamo parlando di un ragazzo di 16 anni. Praticamente coetaneo dei calciatori che stava arbitrando». Poi alza la prospettiva e dal singolo caso passa all’analisi della situazione generale. «Ogni settimana si parla di aggressioni tra giocatori, dirigenti, personale del pubblico o all’indirizzo dei direttori di gara. Troppo spesso, oggi, il calcio non viene vissuto in maniera serena. E le cause di questa deriva sono diverse, da ricercare anche oltre l’ambito sportivo». Tiziano Reni è il presidente degli arbitri toscani. E parla di quanto accaduto sabato 9 dicembre in provincia di Firenze, durante la partita del campionato Allievi B tra Folgor Calenzano e Us Casellina. Una sfida tra ragazzini di 15 anni che in un attimo si è trasformata in follia pura: un calciatore della Folgor Calenzano ha preso per il collo un avversario, lo ha gettato a terra e poi lo ha riempito di calci. Il giovanissimo atleta vittima dell’aggressione è stato soccorso dal personale sanitario del 118 e trasportato all’ospedale di Careggi. Per fortuna il pestaggio non gli ha causato danni fisici gravi, ma rimane la scena orrenda, che ha fatto scoppiare in lacrime i genitori del calciatore aggredito: hanno visto tutto dalla tribuna, increduli e sgomenti. E ha visto tutto anche l’arbitro di Folgor Calenzano-Casellina: Alessio Spataro di Pistoia. «Un bimbo di 16 anni, che come gli altri giovani arbitri prende appena 40 euro per stare via mezza giornata e rischiare di essere aggredito», sottolinea il presidente dell’Aia Toscana, che poco dopo il fischio finale della gara ha contattato il “collega” non ancora maggiorenne.

Cosa ha detto all’arbitro 16enne?

«Il ragazzo è rimasto sconvolto, non è da sottovalutare il fatto che è praticamente coetaneo dei ragazzini al centro dell’episodio. Non si è subito reso conto della gravità di quanto accaduto, ma è rimasto scioccato per il contesto».

Si è trovato di fronte a una situazione delicatissima da gestire.

«Sì, ma è stato impeccabile. Alessio è un ragazzo molto maturo per l’età che ha. Nonostante il caos che si è materializzato in campo è rimasto sempre freddo e lucido, ha fatto espulsioni e ha allontanato dal terreno di gioco alcuni dirigenti. Ha preso decisioni giuste, si è comportato nel miglior modo possibile, mettendo in atto tutte le misure finalizzate a evitare ulteriori problematiche. Naturalmente nella sua breve carriera non si era mai ritrovato in una situazione simile, ma pur agendo principalmente d’istinto ha mantenuto una professionalità esemplare».

Ha fatto discutere la decisione di proseguire la partita dopo che il ragazzino aggredito era stato soccorso in campo e caricato in ambulanza. Il giovane arbitro ha fatto bene a non sospendere la gara?

«Assolutamente sì, ha chiesto a entrambe le squadre se volevano continuare e in seguito alla loro risposta affermativa ha ripreso il gioco».

Le ha detto se continuerà ad arbitrare?

«Certo che arbitrerà ancora, mi ha detto che per lui fare l’arbitro è una passione e che questo episodio gli è servito per crescere come direttore di gara».

Crede che in generale ci sia un problema di violenza nel calcio? Ha detto che ogni settimana si verificano aggressioni sui vari campi.

«Il calcio giovanile, ma non solo, è troppo spesso terreno di esasperazioni. E quando un ragazzo comunica con le mani, utilizzando la violenza, non è sempre esclusivamente colpa sua. Ci sono una serie di fattori da considerare, che sommati portano al verificarsi di episodi come quello di Firenze. Vanno considerati gli aspetti sociale e familiare. Faccio un esempio. La mattina di domenica 10 dicembre sono andato a vedere una gara di settore giovanile, per la precisione di Under 15. In campo si è creato un accenno di rissa, quindi da fuori un nonno ha gridato all’allenatore “Ma cosa insegni ai tuoi ragazzi?”. Ecco, l’allenatore ha risposto per le rime e un suo giovanissimo calciatore lo ha difeso mettendosi a insultare ripetutamente l’anziano al di là della rete».

È vero che a livello nazionale, e anche in Toscana, ci sono sempre meno ragazzini che vogliono intraprendere il percorso per diventare arbitro di calcio?

«Abbiamo avuto questo problema e lo stiamo superando. Sicuramente quanto accaduto a Firenze non è un bello spot, ma nei numerosi incontri che sostengo con i giovani arbitri cerco prima di tutto di far capire loro che chi non riesce a confrontarsi senza usare le mani, su un campo di calcio come nella vita, ha un problema che va oltre lo sport. Imparare a fare l’arbitro significa crescere come persona».

Secondo lei perché un adolescente dovrebbe scegliere di fare l’arbitro?

«Perché facendo l’arbitro si impara ad agire come punto di riferimento per molte persone, ovvero tutte quelle che si trovano su un campo di calcio, dirigenti e pubblico compresi. Non c’è altro contesto in cui un ragazzino ha la responsabilità di prendere decisioni per così tanta gente. Fare l’arbitro insegna l’importanza del senso di responsabilità e a essere d’esempio per gli altri».

Un futuro di calcio giovanile all’insegna del puro divertimento, in campo e sugli spalti, secondo lei è possibile?

«Io sono innamorato del calcio, credo che sia il divertimento più bello in assoluto. Ma dobbiamo tutti abbassare i toni, a partire dai genitori, che devono capire che i figli sono prestati al pallone. Qualcosa che vale più di una partita o di un gol, perché dal calcio i ragazzini iniziano a vivere, nello spogliatoio e in campo si formano come uomini».

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