Il Tirreno

Toscana

L'intervista

Massimo Mallegni contro tutti: «Epurazione in Forza Italia»

di Ilaria Bonuccelli
Massimo Mallegni contro tutti: «Epurazione in Forza Italia»<br type="_moz" />

L’ex senatore critico: «Oggi chi ha idee è un pericolo per il partito»

17 agosto 2023
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Niente pensiero indipendente, oggi in Forza Italia. «Oggi nel partito è meglio avere gente che dice di sì piuttosto che gente che chiede perché». A Massa, un esempio su tutti.

L’assessore Bertucci, primo degli eletti in Fi, «potrebbe essere rimpiazzato da Bordigoni, molto più vicino (e allineato) a Marco Stella e all’onorevole Deborah Bergamini», i nuovi “padroni” del partito. La tecnica è già stata usata – sintetizza Massimo Mallegni – per sostituire i coordinatori provinciali di Fi: “l’omicidio politico di massa” degli scomodi, lo definisce Mallegni, detronizzato da capo azzurro in Toscana. Da luglio 2022 ad aprile 2023 si sbriciola il potere di Mallegni, nato socialista – “craxiano” – e iscritto a Fi dal 1994. In Toscana fonda uno dei primi club azzurri, ma 30 anni dopo non è più senatore né coordinatore regionale: è rimpiazzato da Marco Stella, capogruppo in Regione. Nomina benedetta da Antonio Tajani, leader traghettatore di Fi verso il congresso di febbraio.

Mallegni, non ha preso bene la decisione di Fi di metterla da parte.

«Direi diversamente: oggi in Fi se sai leggere e scrivere per qualcuno sei un problema. La nuova struttura del partito vede nelle persone che hanno un’opinione e un’idea un pericolo, invece che una risorsa».

Ma lei è sempre iscritto a Fi?

«Certo. Dal 1994 mi iscrivo a inizio gennaio».

In questi 30 anni come ha funzionato Fi?

«In vari modi, ma con un unico filo conduttore: le decisioni sono sempre state assunte da Silvio Berlusconi. Lui si confrontava, poi decideva».

Tante gestioni, ma quale ha funzionato?

«Per me la migliore è stata quella di Scajola. Anche il periodo Verdini dal punto di vista dell’organizzazione funzionava, ma io non condividevo l’impostazione. Si andava già verso una gestione autoritaria, non autorevole».

Dalla gestione del leader a quella dei colonnelli?

«Dal leader siamo passati ai sottotenenti, perché l’ascensore “politico” molte volte si è inceppato».

Perché l’ascensore politico si è “inceppato”?

«Perché è passata in secondo piano la meritocrazia che è sempre stata una bandiera di Berlusconi. Io sono stato candidato al Senato per volere di Berlusconi sulla base della mia esperienza da sindaco di Pietrasanta e anche per il mio calvario giudiziario (Mallegni fu arrestato durante la consiliatura e poi assolto, ndr). Berlusconi per le candidature ha sempre guardato alle persone che avevano un lavoro per mantenersi. Nella seconda repubblica – diceva – si è liberi se si è indipendenti (economicamente) dalla politica; nella prima si era liberi se si aveva una forza di tipo politico-territoriale (i voti, ndr), che incideva anche sui valori interni ai singoli partiti, che costruivano correnti, che sostenevano delle tesi».

Lei parla di merito. Però, Berlusconi non l’ha ricandidata alle ultime politiche.

«Io stato ricandidato alle politiche come coordinatore regionale di Fi. Ma nel calcolo dei collegi uninominali da ripartire con gli altri partiti della coalizione, il mio collegio è andato a finire a FdI. Noi ne abbiamo presi altri in regioni dove non ci sarebbero toccati e per questo Berlusconi ha sacrificato la Toscana».

Anche sacrificare la Toscana è una scelta politica.

«Berlusconi è morto due mesi fa, le elezioni ci sono state nove mesi fa. Il presidente in quel periodo è stato ricoverato più volte, purtroppo. Credo che sulle liste abbia inciso molto poco».

Chi ha inciso di più sulle liste?

«Chi faceva parte della commissione elettorale: Tajani, i capigruppo di Camera e Senato (Bernini e Barelli), Licia Ronzulli, poi il nuovo arrivato Sorte, diventato anche coordinatore regionale della Lombardia».

Lei non è solo fuori dal Senato: è uno dei coordinatori regionali sostituiti in maniera quasi “brutale”.

«Brutale non lo so. Io so che il 4 aprile 2023 alcuni coordinatori regionali sono stati sostituiti e informati con un’agenzia di stampa, mentre il 5 aprile Berlusconi è stato ricoverato in ospedale a Milano. Che il 4 aprile fosse a lavorare sulle sostituzioni dei coordinatori lo trovo difficile. E, comunque, Berlusconi ti telefonava quando ti sostituiva».

I nuovi coordinatori regionali indicati il 4 aprile, sono “ratificati” il giorno dopo il funerale di Berlusconi, quando Tajani convoca il comitato di presidenza. Pensa a una tempistica studiata, perché il Cavaliere non era d’accordo con le nomine?

«Non lo posso dire. Ma ho trovato la prassi singolare e fuori luogo, dal punto di vista politico».

Il suo successore in Toscana è Marco Stella. Spetta a lui traghettare Fi al congresso, con il maggior numero di iscritti.

«In Toscana il problema non è il tesseramento, ma le scelte adottate dal commissario regionale che, di fatto, hanno cancellato gran parte della classe dirigente che, in questi anni, ha contribuito a riportare Fi dal 2% scarso a circa il 6%. delle politiche».

Non era lei il commissario della Toscana?

«Infatti quando sono stato nominato Fi è cresciuta, grazie a tutte le persone che ho trovato sul territorio. Io non ho cacciato nessuno. In Toscana, invece, in questi mesi sono saltate le procedure, c’è stato un “omicidio politico di massa” di coordinatori e commissari provinciali».

Omicidio politico di massa?

«Si procede a eliminare le persone dagli incarichi senza passare attraverso una discussione, un comitato provinciale, regionale: si applica un metodo stalinista che non è l’eredità di Berlusconi».

A cosa (o chi) giova agire così?

«Ai capi toscani che hanno una paura tremenda del nuovo tesseramento che si chiude a ottobre. Temono che qualcuno faccia più tessere di loro per il congresso. Ma non sarò io: non aspiro né a ricandidarmi né a incarichi di partito».

Qual è allora il suo obiettivo?

«Non lasciare il partito in mano a questi vertici (Deborah Bergamini e a Stella)» .

Chi può essere il nuovo segretario nazionale?

«Anche Tajani se si muove sul territorio e torna a parlare con le persone che hanno voti e consensi. Non se si appoggia a omuncoli».

Lei ha detto che “il problema non è chi viene e chi va da Fi”. Però, fa un certo effetto vedere Marcello Pera eletto con FdI.

«Il rapporto fra Pera e Berlusconi era diventato conflittuale da quando il presidente non lo volle ministro della Giustizia. Ma mi spiace che una mente come la sua non faccia più parte di Fi».l



 

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