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Il “diverso” non è nemico: a Mauthausen per capire. Viaggio del Montessori-Repetti di Carrara nel lager

Il “diverso” non è nemico: a Mauthausen per capire. Viaggio del Montessori-Repetti di Carrara nel lager

Ancora oggi l’intolleranza, la discriminazione, la xenofobia e il razzismo sono atteggiamenti presenti nel nostro mondo

23 gennaio 2023
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«Da questi forni, da queste ceneri nasce l’appello alla pace del mondo. I superstiti italiani 15 maggio 1960».

Da questa targa, collocata nel campo di concentramento e di sterminio di Mauthausen, in Austria, tra le molte altre di chi non ha voluto dimenticare ciò che è stato, partiamo per dare un senso ai “Viaggi della memoria” come quello realizzato dalla nostra scuola, l’Istituto Montessori-Repetti di Carrara, solo pochi giorni fa, il 17 e 18 gennaio.

Al viaggio hanno preso parte le classi 5ªA e 5ªB del liceo classico, la classe 5ªB del liceo delle scienze umane e le classi 5ªA, 5ªC e 5ªD del liceo linguistico.

Il campo di Mauthausen è stato attivo dall’8 agosto del 1938 fino alla liberazione, da parte dell’esercito americano, avvenuta il 5 maggio 1945.

In questo lager vennero inizialmente reclusi gli oppositori politici del regime nazionalsocialista, gli emarginati sociali e, successivamente, gli ebrei. Mauthausen rappresenta quindi la volontà di annientare tutti coloro non conformi al regime.

E il valore del nostro viaggio consiste proprio nel contrastare l’idea che il diverso da sé sia “il nemico”, perché ancora oggi l’intolleranza, la discriminazione, la xenofobia e il razzismo sono atteggiamenti presenti nel nostro mondo e che in un mondo non molto lontano, nella “civile” Europa del ‘900, hanno prodotto i lager.

Di fronte alla chiusura delle frontiere, all’innalzamento dei muri, alla negazione dei diritti delle donne e alle moltissime guerre in corso visitare Mauthausen, vedere le baracche, le docce, i forni crematori ci ricorda l’urgenza di combattere tutto questo.

La targa dei superstiti italiani è un passaggio del testimone per noi che siamo venuti dopo e non abbiamo conosciuto direttamente questo abominio.

Noi che iniziamo la nostra visita all’interno del campo mentre fuori nevica e che, mentre torniamo a casa, non troviamo le parole “giuste” per descrivere l’esperienza vissuta. Noi, sui cui occhi spalancati oggi è calata un’ombra, l’ombra di una tragedia troppo reale per essersi consumata davvero. Il forno crematorio, quel buco nero che sembra non aver fondo, tutti i nomi dei morti all'interno del campo, numeri troppo grandi per essere “solo raccontati”, e poi quella sensazione, per un attimo quasi surreale, di avere come “attraversato una bolla” dove il tempo sembra essersi fermato.

Un viaggio nel tempo in un luogo senza tempo, che sembra voler conservare tutta la sofferenza di cui è intriso, le mura di una fortezza che già dall’esterno fa paura, e poi la “banale normalità” di una vita che scorre indifferente alla vita stessa.

Moltissime persone hanno visto l’orrore del campo, hanno sentito il rumore degli spari e i lamenti, l’odore della cenere; moltissime persone hanno permesso che tutto ciò accadesse ad altri esseri umani.

Ed è proprio per questo che un’esperienza del genere deve avere presa nel nostro profondo, per ricordarci cioè quanto questa “infezione latente” si sia pericolosamente insinuata nell’essere umano.

Il significato del viaggio è, quindi, quello di essere una cura, per riuscire a debellare questa epidemia, «vivendo nel presente, guardando al futuro, ma ricordando il passato», perché il ricordo, come sostiene Ugo Caffaz, anima del Treno della memoria toscano è «un vaccino che ha bisogno di continui richiami». l

A cura di Matilde Dell'Amico e Martina Teti (5ªA liceo Classico) e di Carolina Vanelli e Carlotta Alessandroni (5ªB liceo Scienze umane) IIS Montessori-Repetti


 

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