Ma con Messi e Ronaldo parleremo d’altro
È lo “sportwashing”, quando si rende apparentemente pulito ciò che è sporco
Quello in Qatar è il Mondiale del cinismo e del business a tutti i costi che calpesta le coscienze. È la violazione dei più elementari diritti umani.
È il menefreghismo verso la morte di oltre 6.500 lavoratori immigrati provenienti da Nepal, Bangladesh, Pakistan, India, che hanno perso la vita nella costruzione degli avveniristici stadi con turni massacranti, 84 ore di lavoro settimanali, operai spediti su impalcature sotto il sole a 45-50 gradi, paghe da fame e diritti sindacali azzerati.
E ancora donne discriminate e sottomesse all’uomo – in un tribunale la testimonianza di una donna vale la metà di quella di un uomo – l’adulterio perseguito e punito con 100 frustate o anche pena di morte, comunità Lgbtq discriminata e perseguitata, due dello stesso sesso che si tengano per mano o si scambino un bacio in Qatar rischiano il carcere fino a 7 anni.
C’è stato clamore ma nessuna aperta dimostrazione di protesta. In Qatar non sono garantite libertà di espressione, di religione e dei media. Ce ne rendiamo conto solo ora che il Mondiale sta per cominciare. Tra poco parleremo di Messi, Ronaldo, Mbappé e Neymar e amen. Lo chiamano “sportwashing”, lo sport ti lava la faccia e rende apparentemente pulito tutto quello che è sporco. Attraverso lo sport i regimi si accreditano e si legittimano davanti al mondo.
Lo scandalo, più che giocarlo adesso questo Mondiale senza l’Italia, è stato assegnarlo al Qatar nel 2010. La Fifa, allora guidata dal corrotto e condannato Sepp Blatter, è una vorace macchina lobbistica e affaristica: gli sceicchi posseggono e manovrano un grosso pezzo del grande football, il Qatar nei Mondiali ha investito 300 miliardi di dollari, e la Fifa ne ricaverà almeno 6 (a cascata le nazioni partecipanti avranno 445 milioni di dollari), ben più dei 4,5 ricavati da quelli giocati in Russia. Altra culla dei diritti…
Per anni nessuno ha denunciato nulla, per anni le migliaia di morti negli stadi coperte dal segreto, operai ufficialmente morti per “cause naturali” o “problemi cardiaci”, i corpi dei defunti spesso nemmeno rispediti alle famiglie, compensate al massimo con 500/600 dollari. Le denunce di Amnesty International, le inchieste del Guardian e altri media hanno scoperto però il vero volto di Qatar 2022. La Fifa ha fatto orecchie da mercante e anzi ha mandato a tutti una lettera ipocrita in cui invita a “pensare al calcio”. No a bandiere e simboli arcobaleno in giro. La politica più bieca e opportunista, il pelo sullo stomaco.
Ma non si ferma più una macchina lanciata in corsa. Ora sta alle coscienze dei giocatori, a patto che molti di loro scordino di essere pagati a peso d’oro da sceicchi arabi. Tre fra le principali star – Messi, Mbappé e Neymar – sono addirittura alle dipendenze del qatariota Nasser al Khelaifi, presidente del Psg e uomo chiave del Mondiale 2022.
Agli Europei in Inghilterra i giocatori si inchinarono durante gli inni manifestando contro la recrudescenza razzista verso i neri. Se fossero coerenti adesso dovrebbero inchinarsi a ricordare i morti negli stadi e la violazione dei diritti umani in Qatar. Ma ci vuole coraggio a ribellarsi al denaro come unico totem del football.
© RIPRODUZIONE RISERVATA