Rigassificatore: il progetto con una torre alta 21 metri alla partenza del metanodotto
Ecco il tracciato dalla banchina alla terraferma: non saranno fatti scavi a cielo aperto Avviate le procedure d’esproprio dei terreni interessati dall’infrastruttura di collegamento
Piombino Una torre d’acciaio alta 21 metri. Sulla banchina est della darsena nord del porto di Piombino segnerà il punto di partenza del gas in direzione della rete nazionale. L’infrastruttura è tra quelle previste dal progetto Snam per ormeggiare la nave rigassificatore Golar Tundra, a cui si lega parte della strategia messa a punto dal governo Draghi per fronteggiare l’emergenza energetica nazionale e affrancarsi progressivamente dalla fornitura del gas di Putin.
L’istruttoria del progetto è in corso e l’esito finale non arriverà prima del 29 ottobre, al termine dell’esame di una trentina di enti. Secondo i piani dell’esecutivo, che ha affidato a Snam il compito di individuare sul mercato due navi rigassificatore per potenziare la capacità di rigassificazione del Paese, in vista dell’arrivo di nuovi quantitativi di gas naturale liquefatto dall’Africa e dal Qatar, una seconda sarà installata a largo di Ravenna, i due tasselli garantiranno un terzo del fabbisogno ad oggi soddisfatto dal gas russo. E sta in questa dimensione la partita che investe Piombino dove ci si è indirizzati per tre caratteristiche del porto che consentono di bruciare le tappe: pescaggio del fondale a -20 metri, lunghezza della banchina e prossimità alla rete di trasporto del gas.
Il viceministro dello Sviluppo economico Gilberto Pichetto Fratin (Fi) sposa in pieno il percorso delineato dal ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani. È positivo che al 2024 le previsioni dell’Italia siano quelle di poter «sopperire a una eventuale cessazione di forniture di gas da parte della Russia, ma a Piombino deve esserci il rigassificatore perché solo quello vale 5 miliardi di metri cubi» di gas liquido. E sottolinea che del rigassificatore «va rispettata la tabella di marcia perché è chiaro che altrimenti si correrebbero dei rischi» sul fronte degli approvvigionamenti.
Partendo dall’ormeggio, che potrebbe avvenire all’inizio del 2023, non resta che seguire il tracciato dalla banchina alla terraferma del nuovo metanodotto. Il commissario straordinario incaricato da Palazzo Chigi, Eugenio Giani, ha pubblicato il 29 luglio l’avviso pubblico con il quale si avviano le procedure di esproprio dei terreni interessati dalla infrastruttura di collegamento tra il porto e il punto di attacco alla rete nazionale del gas, in località Vignarca. Circa 8,8 chilometri di tubazione. Trenta i giorni a disposizione degli interessati per prendere visione del progetto e di tutta la documentazione. Un termine che dà la misura del passo accelerato con cui si sta procedendo. Del resto, il percorso è scandito per tempi e modalità dal cosiddetto Decreto Aiuti.
Stando alle carte, gli ostacoli sul tracciato del nuovo metanodotto sembrano il problema minore rispetto alla contestazione del progetto sul territorio. Dalle manichette di collegamento alla Golar Tundra il gas viaggerà lungo 445 metri di condotta fuori terra, con protezione in cunicolo. Da qui per superare il tratto a mare tra la banchina e la costa si prevede la posa di tubazioni senza realizzare scavi a cielo aperto con la metodologia che in gergo tecnico è chiamata trenchless direct pipe per 1,2 chilometri. E poi in parallelo alla strada del Quagliodromo e attraverso un contesto che viene classificato come prevalentemente agricolo. A proposito di ostacoli, sia il passaggio del fiume Cornia che l’attraversamento della strada Geodetica saranno fatti con la trivellazione orizzontale controllata, anche questa è una tecnologia idonea alla installazione di nuove condotte senza effettuare scavi a cielo aperto. Il metanodotto si tiene lontano, a circa 330 metri, anche dal confine con l’Oasi Wwf Padule Orti Bottagone.l
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