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Toscana Pride, in 30mila a Livorno: un'onda travolgente di musica, colori e rivendicazioni - Video

Juna Goti
Nelle foto di Daniele Stefanini e Franco Silvi la parata del Toscana Pride che ha attraversato Livorno
Nelle foto di Daniele Stefanini e Franco Silvi la parata del Toscana Pride che ha attraversato Livorno

In migliaia tornano in piazza dopo lo stop della pandemia: «La Toscana bella è qui, ora la legge attesa da trent’anni»

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LIVORNO. «Mica siamo qui a chiedere privilegi, come qualcuno pensa o vuol far credere. Siamo qui a chiedere diritti. Perché una legge contro le discriminazioni per le identità di genere e l’orientamento sessuale in Italia ancora non c’è. E ci ribelliamo a una società che fa della normalità un valore. Guardate questa piazza, quanto sono belle le sue diversità...». Il presidente del comitato organizzatore, Luca Dieci, ci sperava. Ci sperava ma forse non se l’aspettava che in così tanti, in migliaia, raggiungessero Livorno per partecipare al Toscana Pride del ritorno nelle strade dopo due anni di pandemia. Fuori e sempre controvento, come recita lo slogan dell’edizione che ieri ha inondato le strade della città come il sale di una libecciata. Quasi 30mila persone da tutta la regione secondo gli organizzatori, che alla fine rivendicano di avere «scritto una pagina di storia di Livorno e della Toscana». Circa 15mila a sfilare e poi radunati davanti al palco vista mare della Terrazza Mascagni, secondo la questura.

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Sta di fatto che ieri, a Livorno, con l’universo Lgbtqia+ sono arrivati in tanti davvero. Di mondi, associazioni, sindacati diversi. Chi con gli abiti di tutti i giorni, con i figli piccoli nel passeggino e la bandiera arcobaleno sulla guancia. Chi con tacchi a spillo, perizoma, parrucca e chi più ne ha più ne metta. Un’onda lunga che è partita dal centro e che ha finito per mescolarsi davvero con la città quando nel terzo caldissimo sabato di giugno è arrivata sul lungomare e i livornesi in infradito e costume, orfani per un giorno dei posti auto del viale, sono usciti a ballare in strada dagli stabilimenti balneari.

Un cacciucco travolgente di musica, colori e rivendicazioni. In testa al corteo ci sono il gonfalone della Regione e del Comune, che hanno patrocinato l’iniziativa. In prima fila c’è l’assessora toscana Alessandra Nardini, che ha la delega alle pari opportunità: «Siamo qui per dire che nessuno nel nostro territorio deve morire come è morta Cloe Bianco», la prof che si è tolta la vita dando fuoco al suo camper. «Per dire che anche se hanno strappato la bandiera di Arcigay a Livorno, imbrattato la panchina arcobaleno a Firenze, insultato dei ragazzi che semplicemente si baciavano in spiaggia a Tirrenia, la Toscana più bella è qui, oggi. La nostra è la terra dei diritti, dell’uguaglianza, della libertà, della vita. Contro ogni forma di discriminazione». Così, «dopo essere stati la prima regione a dotarsi di una legge in questo senso», torna a chiedere «insieme a tante amministrazioni in Toscana, che il Parlamento approvi finalmente una legge nazionale».

Accanto a lei c’è il sindaco Luca Salvetti, soddisfatto perché è «Livorno a ospitare questo momento di ripartenza dopo il covid», una città che «si sposa alla perfezione con il tema dei diritti, della voglia di stare insieme, di sorridere e io ho visto tanti sorrisi qui oggi». Alla vigilia Salvetti aveva lanciato un appello-sfida ai sindaci, perché partecipassero. Sono arrivati i rappresentanti di tanti comuni, da Castagneto a Firenze a Cascina. Non da Piombino e non dal Comune leghista di Pisa, che invece è rappresentata da gran parte dei municipi della provincia e dal presidente della Provincia stessa, Massimiliano Angori («il progresso –dice – non si misura solo con l’economia, ma con i diritti...»).

Da segnalare che dall’ala antagonista che ha sfilato in coda al corteo ufficiale qualcuno ha portato via dalla scalinata del Comune la bandiera arcobaleno (per la serie: «il pride si fa dal basso, non dall’alto, con le istituzioni...»)

Una stoccata dal palco, invece, gli organizzatori del Pride la riservano ai parlamentari che con quell’applauso che ha affossato in Senato il Ddl Zan «si sono compiaciuti di non aver approvato una legge di civiltà che attendiamo da 30 anni. E allora facciamo noi un applauso, di scherno...». E la piazza si scatena.
 

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