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Scandalo rifiuti, ecco come Giani fa approvare la legge pro-conciatori: il video acquisito dai pm
Secondo i pm il 26 maggio 2020, da presidente del Consiglio regionale mette ai voti l'emendamento al centro dell'inchiesta senza che sia stato "illustrato davvero alle opposizioni"
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FIRENZE. «Ho qui il testo dall’inizio della cosa, è stato presentato regolarmente e distribuito fin dall’inizio. Sì sì. L’avevo qui, nella cartellina, qui. Quindi vabbè, lo metterei in votazione. Chi è favorevole, contrari, astenuti?». E si vede Eugenio Giani alzare la mano, uno sguardo all’aula, uno a chi è collegato in remoto. «Approvato». Quel che non si vede sono le facce un po’ stordite, sorprese, sonnolenti, inopinate di chi dai banchi dell’opposizione è stato spiazzato dalla lettura veloce della relazione allegata a un emendamento alla legge regionale 20 del 2006 sulla tutela delle acque dall’inquinamento e adesso chiede chiarimenti per la travolgente supercazzola con cui l’allora presidente del parlamentino toscano (oggi presidente della Regione) l’ha appena messo ai voti. È il 26 maggio 2020. Apparentemente, uno dei tanti giorni di stanca in aula. Secondo i pm fiorentini uno degli snodi principali dell’inchiesta con cui la Direzione distrettuale antimafia sta scoperchiando un sistema che lega politica e impresa toscana e quest’ultima alle cosche calabresi. Quello che avrebbe consentito ai conciatori dell’Aquarno di smaltire i reflui del ciclo di produzione delle pelli fuori dalle regole. Ecco, il video di questa seduta adesso rischia di inguaiare il presidente della Toscana.
Perché, come rivela Domani, è appena stato acquisito dalla procura di Firenze e allegato agli atti dell’inchiesta sul Keu che vede indagati per corruzione proprio l'ex capo di gabinetto di Giani, Ledo Gori, e Andrea Pieroni, consigliere regionale del Pd e uomo forte di Enrico Letta in Toscana. Giani non è indagato, ma a stare a quanto scrive la gip Antonella Zatini nell’ordinanza per le misure cautelari il suo comportamento in aula potrebbe aver favorito l’approvazione di un testo finito nel mirino dei magistrati. A redigere quell’emendamento non sarebbe stato Pieroni, il primo firmatario, ma Alberto Benedetti, consulente dell’associazione dei conciatori del depuratore dell’Aquarno. Pieroni, raccontano le carte, non «conosceva neppure il contenuto tecnico» di ciò che presentava. Ma intercettato al telefono con uno dei conciatori proprio pochi minuti dopo l’approvazione lo si sente dire che «eh eh, era una tattica. Gli ho detto: Eugenio vai liscio e di buttarlo lì». Il consigliere dem schiva la commissione perché sa che lì potrebbe incontrare l’opposizione degli uffici, scrive la gip. Un’operazione per cui in cambio avrebbe poi ricevuto dai signori delle concerie un contributo da 2.500 euro per la campagna elettorale, poi perfino rendicontato regolarmente alla Corte d’Appello.
Il guaio è che l’emendamento il 26 maggio viene approvato «senza che di esso ne venisse fatta effettiva illustrazione del contenuto alle opposizioni», scrive la giudice. Insomma, Giani non è indagato, ma dagli atti emergerebbe l’interesse a far passare un testo poi risultato caro ai presunti inquinatori. Gli stessi, peraltro, che hanno finanziato la sua campagna elettorale con 8mila euro. Un testo caro solo a loro, visto che il governo Conte, per volere dell’allora ministro dell’Ambiente Sergio Costa, lo impugna presso la Corte costituzionale, contestandolo come un atto che «apre la strada a una gestione non solo economicamente non efficiente, ma finanche contrastante con gli obiettivi di tutela ambientale». Giani non commenta. «È giusto che la magistratura faccia il suo lavoro, piena fiducia nella giustizia. Lasciamola lavorare», ripete soltanto, e aggiunge: «Riferirò in consiglio regionale appena possibile».
Ma per capire cosa sia accaduto in aula, bisogna ripercorre i frame di quel video, che il Tirreno è riuscito a recuperare. Eugenio Giani corre, legge veloce, si capisce che è la prima volta che vede il testo. E va precisato, non è inusuale. Anzi, spesso chi presiede l'aula, in una giornata con molti atti da votare, fa riferimento solo al testo distribuito ai consiglieri. Dovrebbero essere i firmatari a illustrarlo. In questo caso Giani legge la relazione: «L’emendamento 11 bis ci dice che si riferisce agli impianti depurazione reflue e urbane e ci dice che la rubrica all’articolo 13 deve specificare la gestione delle acque di depurazione reflue e urbane a carattere prevalentemente industriale delle relative reti…». Sguardi allibiti in aula. Mormorii dai banchi dell’opposizione. Nessuno ci sta capendo un'acca. Così l’allora presidente del consiglio regionale e candidato del Pd alle elezioni regionali passa oltre: «Ma vi leggo la relazione che si capisce di più…». Altro prologo, un panegirico, poi parrebbe arrivare il succo. «Con il presente emendamento si mira a risolvere due aspetti».
Ohibò, finalmente, c’è chi sospira dai banchi. Forse adesso ci si capirà davvero qualcosa. Macché, il Giani è ripartito. Sta leggendo la relazione, ma più che relazionare sembra legare, avvolgere, irretire i cervelli mezzi in stand-by di chi ascolta: un’operazione di accerchiamento, un groviglio di subordinate, una spirale infinita di frasi senza senso compiuto, un abisso di ipotassi. «In primo luogo a specificare con riguardo alla natura degli impianti, quando questi non siano interessati dal servizio idrico integrato, qualora siano interessati da accordi di programma quadro per la gestione delle acque reflue, al cui esito gli interventi di attuazione risultino assimilati e pertanto tenuti al recepimento della direttiva comunitaria…». Eeeeh? E figurarsi se poteva essere chiaro il passaggio che i pm considerano il babbo di tutti i trabocchetti, l’escamotage con cui i conciatori avrebbero schivato le procedure per l’Autorizzazione integrata ambientale e potuto sversare veleni. «In secondo luogo, si modifica e si chiariscono meglio i casi e le condizioni nei quali le attività di trattamento dei reflui extra flusso possono proseguire quando non vi è la necessità di eseguire un pretrattamento di rifiuti necessari a raggiungere i parametri che ne consentirebbero lo scarico in fognatura». Vabbè, si vota: e la legge del Cuoio passa, a maggioranza, come se fosse Antani.