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È toscana la più grande fabbrica del lusso: Florence, la ricetta post Covid per la moda

Ilenia Reali
È toscana la più grande fabbrica del lusso: Florence, la ricetta post Covid per la moda

La società è formata da tre aziende della filiera dell’abbigliamento e da fondi di investimento: «Creeremo occupazione»

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«Avevamo l’esigenza di continuare a far crescere la nostra azienda. Ma come? ». È da questa domanda che ci si faceva nel board della Giuntini spa, 63 anni di vita, 140 dipendenti con strutturate competenze nella realizzazione di capi di abbigliamento per i marchi del lusso e uno stabilimento a Peccioli che si arriva nei giorni scorsi alla nascita di Florence, la nuova società di produttori del settore della moda oggi formata da tre aziende leader in Toscana (Giuntini, Ciemmeci Fashion di Empoli e Mely’s maglieria di Arezzo).

Un gruppo che parte con 700 dipendenti e un bilancio aggregato di 150 milioni di euro a cui si aggiungeranno altri tre top player del settore tra gennaio e febbraio 2021 e altrettanti entro i prossimi due anni. Un investimento e una trasformazione - da aziende familiari a gruppo con una gestione manageriale - per farsi trovare pronti quando l’emergenza Covid sarà finita e il settore della moda riprenderà a crescere in modo esponenziale e a cercare, soprattutto in Toscana, aziende capaci di sviluppare e produrre capi e accessori di abbigliamento per i grandi marchi della moda, in particolare francesi.

E in quel momento non solo le imprese dovranno aver resistito alla crisi di quest’ultimo anno con una filiera che si sta indebolendo - mese dopo mese - ma dovranno essere solide e strutturate finanziariamente e nella gestione per rispondere alla domanda di capi di abbigliamento e di accessori di lusso ed evitare di essere spazzati via a causa di risposte mancate. Il cuore produttivo della Toscana del resto si è allargato a macchia d’olio negli ultimi anni ed è già iniziata una serie di acquisizioni di aziende fornitrici, soprattutto dell’area fiorentina, della provincia di Pisa e della Valdinievole, da parte dei grandi gruppi (in particolare dal francese Kering che detiene Gucci, Yves Saint Laurent, Balenciaga, Alexander McQueen, Bottega Veneta) con l’obiettivo di assicurarsi competenze a partire dal settore del calzaturiero e della pelletteria che non si trovano in alcuna altra parte del mondo.

Ed ecco che la neonata "Florence" cerca di dare una risposta dall’interno, direttamente dalle aziende contoterziste. Il 100% di Florence è controllato per circa il 65% dal consorzio guidato da Vam Investments e Fondo Italiano d’Investimento e per il restante 35% dalle famiglie fondatrici delle tre aziende toscane, Giuntini, Capezzuoli, Maltinti, Ciampolini e Sanarelli. Tra gli investitori c’è anche Italmobiliare. Vam Investments che segna il vero passo avanti e di prospettiva è una holding di investimenti specializzata nel rilevare azioni di società private. È guidata da Marco Piana, controllata da Francesco Trapani e partecipata da Tages, e Fondo Italiano d’Investimento sgr, realtà istituzionale del private equity in Italia. Sono i nomi e non solo i numeri in questa operazione a dare la portata del progetto.

Chi sono i manager? Francesco Trapani ha un passato di azionista e ceo in Bulgari e nel fondo Clessidra. Attila Kiss, amministratore delegato della neonata società, ha al suo attivo ruoli di primissimo piano in Scervino e Balenciaga e ha, fin da subito, inserito tra i prossimi obiettivi di Florence anche quello di mettere a disposizione degli stilisti italiani e internazionali, in uno showroom di prossima apertura a Milano, l’archivio delle aziende del gruppo, che raccoglie oltre 50 anni di storia della moda dando quel respiro nazionale ad aziende conosciute tra gli addetti ai lavori ma assenti dal mondo della promozione e della comunicazione. «In gruppo avremo più forza», commenta Marco Sanarelli di Mely’s.

«Siamo aziende solide - continua - ma avere una holding che ci supporta finanziariamente ci garantisce enromi investimenti in macchinari, in sviluppo, in formazione e in innovazione». «Inoltre - aggiunge Nicola Giuntini - andremo incontro alle esigenze dei brand per cui lavoriamo che cercano certificazioni sulle filiere e manodopera sempre più specializzata. Creeremo anche un incubatore di professionalità, una sorta di scuola, dentro le nostre aziende». Il vantaggio per la Toscana? «Semplice - conclude Giuntini - creeremo occupazione, tanta, aiuteremo la filiera a crescere e a preservarsi, garantendo una piattaforma di produzione made in Italy. Quello che serve». --

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