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Telemarketing, due anni persi: il governo rinvia il regolamento

di Ilaria Bonuccelli
L'ex ministro allo sviluppo economico Luigi di Maio, il ministro allo sviluppo economico Stefano Patuanelli e il presidente del Consiglio Conte
L'ex ministro allo sviluppo economico Luigi di Maio, il ministro allo sviluppo economico Stefano Patuanelli e il presidente del Consiglio Conte

Il documento serve a sbloccare la legge che vieta le chiamate non autorizzate ai cellulari

15 dicembre 2019
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Molestati e (s)contenti. Per molto tempo ancora. Il regolamento per bloccare le telefonate moleste è arrivato a ottobre a Palazzo Chigi. Il consiglio dei ministri, però, non l’ha neppure aperto. Forse sarà messo all’ordine del giorno a gennaio. «Ma non è una priorità» dice il governo. Nulla di personale contro questo regolamento. È che prima vengono «gli atti normativi che hanno una scadenza: i decreti legge e i decreti legislativi». Anche il regolamento contro il telemarketing selvaggio avrebbe avuto una scadenza. È stata pure inserita nella legge approvata grazie alla campagna de Il Tirreno: doveva essere emanato a maggio del 2018. Un anno e mezzo dopo, invece, il regolamento contro le chiamate moleste è una bozza. E quella che gira, oltretutto, cerca di annullare gli effetti della legge, come ha evidenziato il Garante della privacy nel parere espresso a inizio estate.

La data storica
Così le telefonate moleste imperversano. Eppure il 22 dicembre la legge contro il telemarketing selvaggio compie 2 anni. In una corsa contro il tempo, alle 15,32, un’ora prima dell’inizio della discussione in aula della Finanziaria, la commissione Lavori pubblici del Senato - incalzata da Il Tirreno - approva la prima norma “generale” contro le chiamate commerciali indesiderate: consente a oltre 100 milioni di utenze telefoniche - cellulari e numeri fissi riservati (non pubblicati negli elenchi telefonici) di iscriversi al Registro delle Opposizioni. Con questa azione semplice e gratuita gli utenti ottengono un doppio risultato: vietano ai call center ogni chiamata senza esplicita autorizzazione; cancellano ogni consenso all’utilizzo del numero di telefono a scopi commerciali rilasciato prima dell’iscrizione al Registro delle Opposizioni.

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90 giorni, anzi 2 anni
Insomma la legge segna la liberazione dal telemarketing selvaggio, definizione che si deve al Garante della Privacy. Come sempre, c’è un però: per entrare in vigore la legge ha bisogno di un regolamento di attuazione. Il regolamento deve essere emanato entro 90 giorni dall’entrata in vigore della norma. Il testo viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 3 febbraio 2018: la norma diventa esecutiva come legge 5/2018 dal giorno successivo. I 90 giorni per l’emanazione del regolamento, dunque, scadono all’inizio di maggio. Il termine “ordinatorio” (non perentorio: non obbligatorio, insomma) non è mai stato rispettato.

Affari miliardari
Dal 4 febbraio 2018 inizia un gioco delle parti per ritardare la preparazione del regolamento che blocca non solo (e non tanto) le telefonate moleste quanto il commercio legato ai dati - numeri di telefono, numeri di contatori, Iban, codici fiscali, indirizzi, profili di clienti - che valgono oro. Si calcola un giro di affari di almeno 2 miliardi l’anno. Il blocco passa nel silenzio generale di tutte le forze politiche, dalla Lega - che aveva dato il nome alla legge contro le telefonate molestre (ddl Crosio) - al M5S che ottiene il ministero dello Sviluppo economico dopo le elezioni dei 4 marzo 2018. Da FI che, con lo scomparso senatore Altero Matteoli “adotta” la legge in commissione Lavori pubblici a Palazzo Madama e ottiene che venga approvata in sede legislativa (senza passare dall’aula), fino al Pd che trova negli ex parlamentari Marco Filippi di Livorno, Lorenzo di Genova e Michele Mugnato (Mdp) di Venezia alcuni dei più strenui difensori.
Per quasi un anno e mezzo, questo regolamento fantasma resta nelle mani dell’ufficio legislativo del ministero dello Sviluppo Economico guidato da Luigi Di Maio (M5S). Poi cade il governo Conte I, a settembre arriva al Mise il ministro Stefano Patuanelli (ancora M5S) e il regolamento a ottobre viene spedito a palazzo Chigi: prima di essere emanato - dice la legge - il consiglio dei ministri lo deve votare, poi lo deve mandare alle due commissioni che hanno approvato la legge 5/2018 in sede deliberante (la commissione Lavori pubblici e comunicazione al Senato; Trasporti, Poste e comunicazioni alla Camera); quindi deve essere mandato al Consiglio di Stato per il parere e poi può essere emanato con un Dpr. Quanto tempo ci sarà da aspettare ancora per avere uno scudo contro le telefonate moleste?
Si riparte a gennaio
A questa domanda non c’è risposta. Potrebbero passare mesi. Infatti Palazzo Chigi dice che il regolamento potrebbe essere messo all’ordine del giorno del consiglio dei ministri a gennaio. «Il regolamento, su cui è in atto un’interlocuzione con altri ministeri, non è problematico. Quindi non ci dovrebbero essere intoppi. La stima di calendarizzarlo a gennaio è verosimile: un’attesa di 3/4 mesi per i regolamenti a Palazzo Chigi è ordinaria: non c’è ritardo, considerando che da noi l’atto è arrivato a ottobre». Del 2019. Il fatto è che sarebbe dovuto arrivare nella primavera del 2018. Invece lo Stato ha preferito lasciare i cittadini in balia dei call center.

Il prefisso fantasma
In verità, da quando è stata approvata la legge, qualche arma in più per difendersi dalle chiamate moleste ci sarebbe. Ci sono norme e strumenti entrati in vigore anche senza aspettare il regolamento. Una su tutte: il prefisso anti-telemarketing. I prefissi, a essere precisi, sono due. Li ha decisi nel 2018 l’Agcom, l’Autorità di Garanzia per le comunicazioni. Quello che consente di identificare i call center è lo 0844: deve precedere il numerp fisso o il cellulare usato per le chiamate commerciali. Non lo usa nessuno.
L’alternativa, allora, sarebbe contattare i clienti con un numero “richiamante” , che possa essere ricontattato: l’abbonato telefona, risponde una segreteria telefonica che precisa nome della società, ragione sociale, scopo della chiamata e consente al cittadino di fissare un orario per essere richiamato nelle successive 48 ore lavorative. Pochissimi hanno adottato questa soluzione. Ma Agcom non blocca i call center che non si identificano. La difesa inutile. Di nuovo nel silenzio generale.

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