Telemarketing, molestie garantite ancora per molti mesi: ecco i motivi
Legge-scudo inefficace, dopo un anno ancora niente regolamento. Compete al ministro dello sviluppo Di Maio ma lui tace
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«Noi siamo la Sos Bollette. Siamo l’azienda che lavora per tutti i gestori di energia. Non tutti gli utenti hanno avuto l’aggiornamento delle tariffe 2019. E allora ci pensiamo noi». La società non esiste. Il numero di telefono non esiste. Reale, invece, è il tentativo di truffa ai danni dell’abbonata. Il call center chiama da Torino. Se lo può permettere perché lo Stato non fa nulla per impedirglielo. Anche se potrebbe (e dovrebbe). Da quasi un anno e mezzo in Italia esiste una legge che vieta le chiamate commerciali non autorizzate. Ma questa legge, approvata grazie a Il Tirreno, non si può applicare. Manca il regolamento di attuazione. Oggi è un anno esatto che manca. Colpa del ministero dello Sviluppo Economico. In particolare del ministro Luigi Di Maio.
Il vicepremier si è tenuto la delega alle Comunicazioni. È lui che avrebbe dovuto dare l’input per approvare il regolamento che, per la prima volta in Italia consentirebbe a oltre 100 milioni di utenze telefoniche - cellulari e numeri fissi riservati - di iscriversi al Registro delle Opposizioni. E con questo gesto - gratuito - tutti gli italiani potrebbero, in una sola mossa liberarsi dalle chiamate commerciali indesiderate. Invece no. Di Maio finge che il problema non esista. Cercato tramite portavoce non rilascia dichiarazioni su questo tema, lui che parla di tutto, dalla castrazione chimica all’Europa. Il ministero risponde che «prima o poi una comunicazione arriverà» contando sulla distrazione delle persone. Nel frattempo, ogni giorno, continuano centinaia di migliaia di chiamate moleste e non autorizzate. E continueranno fino a fine anno, almeno. Perché l’iter per il regolamento è stato avviato (finalmente) ma procede con grande lentezza. Un’altra scadenza non rispettata del ministero. Un’altra fandonia, in realtà.
A inizio anno, infatti, quando Il Tirreno chiese conto dell’inerzia del Mise, ottenne questa risposta: prima si deve ultimare «l’iter per il regolamento che vieterà l’invio di pubblicità cartacea indesiderata all’ indirizzo postale presente negli elenchi telefonici. Terminato l’ iter per questo regolamento inizierà quello del regolamento per il telemarketing telefonico che non sarà concluso prima dell’estate».
Invece il regolamento contro le telefonate moleste slitterà almeno a fine anno. Infatti, il regolamento contro il telemarketing selvaggio è ora all’Autorità Garante della Privacy e all’Autorità Garante delle Comunicazioni (Agcom) per il parere di competenza. Una volta acquisiti verrà inviato al consiglio dei ministri per l’adozione. Quindi sarà rimandato alle commissioni parlamentari (in particolare le commissione Lavori pubblici di Senato e Camera che lo hanno approvato) per valutare se il testo del regolamento rispetta quanto imposto dalla legge. E a quel punto? Ci sarà ancora molta strada da percorrere. Infatti, il Consiglio di Stato si dovrà esprimere. Ma soprattutto la Fondazione Bordoni - organismo collegato al ministero delle Finanze, al quale è affidata la gestione del Registro delle Opposizioni - dovrà “organizzarsi”. Avrà 4 mesi (salvo modifiche del testo attuale) dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del nuovo regolamento per riformare il Registro delle opposizioni. Dovrà riorganizzare tutto il sistema e attrezzarlo ad accogliere le domande (potenziali) di oltre 100 milioni di utenze pronte non solo a opporsi alla nuova pubblicità ma anche a revocare ai consensi alle chiamate commerciali dati in passato (magari inconsapevolmente). Sono le potenziali domande degli abbonati di cellulari e dei numeri riservati che ancora oggi non si possono difendere dal telemarketing selvaggio. Un business da miliardi di euro l’anno per il commercio dei dati: dei numeri di telefono “profilati”, arricchiti di Iban, numero clienti di energia e, perché no, gusti in fatto di acquisti. Per questo, la riforma va così a rilento. Con il benestare del Mise. E del suo capo.