L'Artigliere ricompare in fondo al mare con i suoi segreti
Il cacciatorpediniere affondato dagli inglesi ritrovato davanti a Malta dall’ex socio di Bill Gates. Era uscito tre anni prima dai cantieri di Livorno. Tornano anche le storie dei tanti scomparsi: come quella del ventenne Atride Nigiotti
LIVORNO. «Una nuova e forte unità della nostra Marina da guerra, costruita nei Cantieri livornesi, è scesa felicemente in mare. Si tratta del cacciatorpediniere “Artigliere” che fa parte della serie “Camicia Nera”, alcuni esemplari della quale sono già stati varati nei mesi scorsi».
13 dicembre 1937: nelle ore in cui l’Italia usciva dalla Società della Nazioni, la retorica fascista celebrava sul Corriere del Tirreno, edizione pomeridiana del Telegrafo, il varo nello stabilimento Oto di Livorno di un’altra imbattibile unità da guerra della regia Marina.
«Il varo è una nuova affermazione della perizia costruttrice dei Cantieri Odero-Terni-Orlando poiché le unità della serie “Camicia Nera” rappresentano quanto di più moderno abbia potuto realizzare la tecnica navale», decantava il giornale immortalando la foto della prua del cacciatorpediniere che si tuffava fiera nelle acque della Darsena Nuova mentre si levavano gli urli delle sirene frammisti ai colpi di cannone sparati dalle unità da guerra ancorate in porto.
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Ebbe vita breve l’Artigliere: meno di tre anni dopo affondò sotto i colpi di siluro di una nave moderna per davvero, l’incrociatore Ajax, l’unica unità inglese nel Mediterraneo dotata di un radar, in una battaglia che non a caso il giornalista e storico Piero Baroni inserisce nel suo libro “La guerra dei radar, il suicidio dell’Italia”, nel quale si evidenziano gli errori strategici della nostra Marina a partire dal fatto che era da poco stato realizzato, proprio a Livorno, il prototipo definitivo del radiotelemetro ad opera del professor Ugo Tiberio, ma era stato deciso di non utilizzare l’apparecchio lasciandolo al sicuro nei magazzini del Riec, il Regio Istituto Elettronico Comunicazioni che aveva sede in Accademia.
Era la notte tra il 10 e l’11 ottobre del 1940 e nelle acque a nord est di Malta, davanti a Capo Passero, il cacciatorpediniere livornese, insieme alle torpediniere Airone e Ariel, finì massacrato in una storia di audacia e sfortuna, di eroismo e tragedia, il comandante Margottini colpito a morte dalla prima salva che prima di esalare l’ultimo respiro incita i suoi uomini a resistere, l’assistente di squadriglia Del Greco che cade poco dopo, l’equipaggio che nel buio della notte acceso solo dalla luna e dai fuochi lotta contro i roghi e le falle, il maggiore Giannettini, unico ufficiale rimasto incolume dopo ore stremanti di battaglia che ordina l’autoaffondamento allagando i locali macchine, e dispone la distruzione dell’archivio segreto, e centodieci dei duecento uomini dell’equipaggio che spariscono nel nulla, risucchiati insieme all’Artigliere negli stessi abissi sotto la Sicilia che oggi accolgono i corpi delle vittime di un’altra guerra, quella dell’emigrazione, marinai, fuochisti, nocchieri, cannonieri finiti in una maledetta lista di dispersi.
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Settantasette anni sono passati da quella pagina di storia: ora il relitto di nave Artigliere è stato individuato, a una profondità inimmaginabile, 3600 metri nell’oscurità del mare, dal team oceanico di Paul Allen, ex socio di Bill Gates e co-fondatore di Microsoft, appassionato di esplorazioni sottomarine.
«È stata una vera sorpresa», ha raccontato a Repubblica David Reams, responsabile delle attività nautiche di Vulcan, la fondazione creata da Allen per progetti filantropici e lo sviluppo di tecnologie innovative. La loro nave-laboratorio, il Petrel, stava testando i nuovi equipaggiamenti appena installati. «Avevamo iniziato le prove del nuovo sonar a scansione quando è apparsa una sagoma anomala: il profilo di un vascello, a 3600 metri, dove finora nessuno era in grado di compiere ricerche».
Un sottomarino robot l'ha raggiunto, trasmettendo immagini stupefacenti, pubblicate dal sito di Repubblica.it: «Non sembrava sommerso da 77 anni. Era poggiato sul fondo, perfettamente riconoscibile, senza corrosione, né incrostazioni, persino il colore della sigla era intatto».
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Insieme a quei frame, sono riemerse dagli abissi anche le memorie, le storie degli uomini dispersi nella battaglia di Capo Passero insieme all’Artigliere che affondava. «Proprio stamani, come ogni mattina, avevo parlato con la fotografia di mio fratello Atride che tengo affissa in camera. Poco dopo mi ha telefonato mio nipote Giovanni e mi ha detto che avevano ritrovato l’Artigliere: povero fratello, povero figliolo, risucchiato a 3600 metri sotto il mare. Ora bisognerà andare a Malta a lanciare dei fiori per ricordarlo». Tommaso Nigiotti, 91 anni, è commosso e arrabbiato mentre riavvolge il nastro a 77 anni fa. «Il dolore non muore mai», dice. «La guerra bisogna provarla per capire cos’è».
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Lui, fondatore di una dinasty imprenditoriale di successo, socio del patron del Genoa Enrico Preziosi e leader nel mondo dei giocattoli con la gestione di tutta la rete Toys in Toscana, sull’Artigliere ha perso il fratello Atride. «Non c'era volta che suonasse il campanello e mia madre non sentisse in fondo al cuore l'idea che alla porta fosse lui: mamma non ha mai smarrito la speranza. Neanche a 20 anni di distanza dal giorno in cui è arrivata la lettera della Regia Marina per dirci che era disperso in mare. Ricordo ancora quel giorno, avevo 14 anni, quel telegramma ha segnato per sempre la nostra vita. La porta di casa nostra era sempre spalancata, tanto per chi vestiva la divisa alleata che se avesse bussato un soldato tedesco. La mia mamma non avrebbe mai negato un piatto di minestra. Diceva: spero che se Atride bussa a una casa chissà dove, ci sia anche lì una mamma che gli fa due spaghetti».
Cinque anni fa Tommaso Nigiotti, insieme al fratello Cesare, nel frattempo scomparso aveva comprato una pagina del Tirreno per ricordare Atridino: una foto scattata proprio a bordo dell’Artigliere, che sembra un monumento all'esuberanza giovanile e poche parole per abbracciare un fratello amato con la capacità di sdrammatizzare tipica di un toscanaccio: «Avevi poco più di vent'anni. La Regia Marina ti dette “disperso”, mamma ti ha aspettato tutta la vita. I tuoi fratelli, Tommaso e Cesare, vecchi rincoglioniti ti ricordano con immutato affetto».
«Quand'è sparito inghiottito dal mare - ricorda Nigiotti -, Atride si era appena sposato: di lì a poco sarebbe diventato babbo. Faceva l'elettricista nel magazzino all'ingrosso che un nostro zio, il Vaccai, aveva in fondo a via dell'Angiolo. Me lo sono chiesto tante di quelle volte: è morto davvero per la patria o è stata la patria a portarmelo via e non restituirmelo più?».
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Lo scontro fatale con l'incrociatore Ajax nel 1940
12 ottobre 1940: l’Artigliere è caposquadriglia nelle acque fra Sicilia e Malta per intercettare i rifornimenti che gli inglesi stavano portando all'isola maltese. Alle 2 di notte si accede il fuoco con l’incrociatore britannico Ajax. L’Artigliere viene centrato da quattro colpi che lo danneggiano, riesce a recuperare un minimo di capacità di manovra, viene viene rimorchiato ma arrivano altre unità inglesi che lo colpiscono.