La cronaca
Il fascino del killer Fassbender e l’intelligenza artificiale sovrana
Fanno breccia i film di Fincher e Bonello
VENEZIA «Attieniti al tuo piano. Non fidarti di nessuno. Attieniti al piano. Nessuna empatia. Attieniti al piano. Anticipa, non improvvisare. Attieniti al tuo piano. Non concedere un vantaggio. Attieniti al piano. Combatti solo le lotte per cui sei pagato. Chiediti, “Cosa ci guadagno?” Attieniti al piano. Empatia è debolezza, debolezza è vulnerabilità. Questo è ciò che serve se vuoi avere successo. Semplice».
Questo è il mantra di Michael Fassbender in “The Killer” di David Fincher (“Fight Club”, “The Social Network”, “Gone Girl”) presentato ieri in concorso al Festival del Cinema di Venezia.
Parigi, notte. Un uomo senza nome con abiti insignificanti, “The Killer” (Michael Fassbender) osserva dal pavimento di un ufficio vuoto, di fronte al lussuoso appartamento del suo bersaglio, con il fucile puntato in mano. Misurato, controllato, fa ogni passo per garantire che il lavoro vada alla perfezione... Non è così. Il killer fugge, seguendo il suo rigoroso mantra personale di azione imparziale. Ma i suoi datori di lavoro vogliono che venga eliminato. Attaccando la sua casa, disturbano il suo santuario e, con esso, il suo senso di sé. Questo non lo sopporterà, viaggiando attraverso la Repubblica Dominicana e gli Stati Uniti, eliminando chiunque potesse interrompere nuovamente la sua pace conquistata a fatica.
È il dodicesimo film di Fincher, che torna a lavorare con lo sceneggiatore Andrew Kevin Walker, con cui aveva dato vita al capolavoro thriller “Se7en” (1995), presentato a Venezia proprio quell’anno. Quasi vent’anni di assenza dalla croisette veneziana, ma soli tre anni invece dal suo film precedente “Mank” (candidato a dieci premi Oscar tra cui “Miglior Film” e “Miglior Regista”, vincendo però quello per la miglior scenografia e miglior fotografia).
Adattato dall'acclamata graphic novel scritta da “Matz” (Alexis Nolent), “The Killer” esplora i confini del film di vendetta. «In un film di vendetta, vuoi vedere le persone ottenere la loro vendetta», dice Fincher. «Abbiamo semplicemente sfruttato l’idea per chiederci: sicuri?».
Infatti, per il regista, l'opera è prima di tutto un film di vendetta, più che una storia di un serial killer. «Un dramma semplice con molte cose importanti in ballo, in cui ogni volta che mette un mattoncino sul muro ci rendiamo conto che quest’ultimo sta sempre più crollando e che il suo schema preciso, il suo mantra che rivendica con la voce fuori campo sta perdendo di efficacia e gli obiettivi dell’assassino cambiano. Lui che dice di agire solo se pagato comincia a prendersela con tutta una serie di burocrati fino ad arrivare ai mandanti, dalla segretaria all’avvocato».
Lo spettatore guardando “The Killer” non perderà un attimo l’attenzione, rimanendo con gli occhi incollati allo schermo senza lasciarlo neppure per un secondo. Fincher è qua per noi, e noi non possiamo fare altro che ringraziarlo.
A ottobre uscirà in cinema selezionati e dal 10 novembre sarà sulla piattaforma di Netflix, imperdibile.
Fulmine a ciel sereno è stato sicuramente “La Bête” di Bertrand Bonello (“Nocturama”, “Zombi Child”, “Saint Laurent”), con protagonista la diva Lea Seydoux e George Mackay, che ha saputo meravigliare qualsiasi spettatore presente in sala, nelle sue due ore e venti di durata.
Nel 2044 l’intelligenza artificiale regna sovrana, le emozioni umane sono diventate una minaccia. Per sbarazzarsene, Gabrielle (Lea Seydoux) deve purificare il suo dna tornando alle sue vite passate (1910 e 2014). Lì si riunisce con Louis (George MacKay), il suo grande amore. Ma è sopraffatta dalla paura, dalla premonizione che la catastrofe sia alle porte.
Il regista afferma: «Per prima cosa, volevo ritrarre una donna e occuparmi di amore e di melodramma. Dopodiché, inserire il tutto nel cinema di genere, visto che secondo me le storie d’amore e il cinema di genere sono una buona combinazione. Ho voluto mescolare l’intimo e lo spettacolare, classicismo e modernità, il noto e l’ignoto, il visibile e l’invisibile. Parlare, forse, del più straziante dei sentimenti, la paura dell’amore. Il film è anche il ritratto di una donna, che diventa quasi documentario su un’attrice».
Il film è un’opera monumentale, un melodramma di fantascienza semi-distopica e in costume, ispirato al racconto “La bestia nella giungla” di Henry James del 1903. Un film su come le emozioni siano ciò che ci rendono umani e perciò nessuna intelligenza artificiale potrà mai sostituirci. Non c’è momento migliore per ricordarcelo.
Uscirà nelle sale cinematografiche prossimamente per “I Wonder”.
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