Il Tirreno

Le vie del gusto

Cuore di cioccolato, un’esplosione di sapori racchiusi in un chicco

di Irene Arquint
Cuore di cioccolato, un’esplosione di sapori racchiusi in un chicco

Da Ponsacco al Venezuela, un prezioso cacao coltivato con amore dall’azienda Noalya

17 febbraio 2023
4 MINUTI DI LETTURA





La nuova frontiera del cioccolato sta nel considerarlo un ingrediente con un’identità.

Al pari del vino si nutre di un terroir, è frutto della fatica degli uomini e delle donne che si dedicano alle piantagioni, muta carattere seguendo le condizioni atmosferiche, sprigiona docilità e morbidezza indirizzate dai gesti di chi tosta e ne lavora i semi. Così, al pari di una creatura viva, ogni morso acquista un valore differente. Anche sociale: per chi coltiva e per chi consuma. Basta avere la pazienza di assaporarne il gusto e si aprono scenari infiniti, sempre più ricercati da pasticcieri, gelatieri, chef.

«Oggi associamo il fondente ad amarezza e acidità – commenta Alessio Tessieri di Noalya, l’azienda artigiana con sede a Ponsacco (Pisa) e una piantagione di proprietà in Venezuela – L’identificazione con l’amarezza, come per il caffè, è sempre stata una chiave di lettura cavalcata dalle industrie. Ma priva il consumatore della possibilità di percepire le altre infinite note. Si pensa che l’amarezza sia un valore aggiunto quando in realtà con la sua forza nasconde un mondo immenso. Mentre l’acidità è addirittura un difetto».

Nel 1998 Tessieri arriva in Venezuela indirizzato da alcuni professori di genetica dell’università. Conosciuta la pianta del Criollo, una varietà di cacao tanto pregiata quanto poco produttiva e facilmente attaccata dai parassiti, se ne porta via un paio di chili.

«Nessuno coltivava più questo cacao poco remunerativo – racconta il colpo di fulmine con il Venezuela – ma una volta tostato ha sprigionato un cioccolato senza acidità né amarezza, con stupefacenti note di fritta secca. Da lì il desiderio di creare una mia piantagione».

Un sogno realizzato un paio di anni più tardi, acquistando i circa 100 ettari di terreno inizialmente destinati all’allevamento che oggi ospitano circa 100mila piante.

Fu il microclima perfetto per la coltivazione del cacao a spingerlo a iniziare da zero, o meglio dai semi andati a cercare personalmente sul lago di Maracaibo sul confine con la Colombia, dove ancora non tutti i coltivatori avevano abdicato in nome di varietà più addomesticabili e remunerative.

Quindi il vivaio, la messa a dimora, fino a quella piantagione con alberi forti e ben radicati, da cui arrivano a Ponsacco non più di 150 chili per ettaro di Porcelana, varietà preziosa di Criollo. Ecco perché le confezioni Noalya portano la dicitura “cioccolato coltivato”.

«Volevamo porre l’attenzione su un argomento fondamentale che fa parte della nostra missione – spiega Alessio Tessieri – diversamente non esisterebbe Noalya», che deve il suo nome all’ebraico “Noa” ossia messaggera di pace, e “Novalia” vale a dire i campi sapientemente coltivati descritti da Virgilio nelle Georgiche.

«Il richiamo alla parte agricola è un modo per fare riflettere – chiude Tessieri – c’è infatti chi pensa che il cioccolato sia semplicemente una polvere, perdendosi il meraviglioso mondo che vi sta dietro».

Tutto il resto lo va a cercare in giro per il pianeta: Vietnam, Indonesia, Onduras, Madagascar, Tanzania. Da cui porta a Ponsacco piccole finestre spalancate su una natura rigogliosa e incontaminata, mai uguale a se stessa. Perché come dice lui «il cacao è un tesoro di sapori che devono essere fatti esplodere» per omaggiare le tre macro famiglie a cui solitamente vengono ricondotte le degustazioni: quella della frutta secca di cui è massimo esponente il Criollo, quelli della frutta rossa che troviamo in Madagascar, Vietnam, Tanzania, infine la frutta gialla tipica dell’Honduras. Molteplici sfaccettature che da anni, ormai, hanno catturato anche l’interesse degli chef per i quali Tessieri stesso ha creato una nutrita linea professionale.

A tavola

Oscar Severini (executive chef nei locali fiorentini ideati da Fabio Picchi, oggi portati avanti dal figlio Giulio) e Gabriele Avanzi (chef de cuisine dell’ultimo aperto in casa Picchi, il Cibrèo Ristorante&Cocktail Bar ospitato all’interno dell’Helvetia&Bristol), hanno recentemente creato un fuori-menu all’insegna del cacao di cui riportiamo tre ricette.

«È questo un ingrediente non facile negli abbinamenti, oltre a far cadere facilmente nell’eccesso – spiega Oscar Severini – che richiede molta ricerca e attenzione. Nel realizzare il cappuccino abbiamo optato per un cacao intenso che sta molto bene con i funghi, mentre nel raviolo occorreva una massa di cacao molto aromatica dai sentori di frutta secca in sostituzione della nocciola che solitamente fa parte degli ingredienti. Il coniglio in dolceforte necessitava di una percentuale molto alta di cacao, forte ma non troppo aromatico, un cioccolato che si esprimesse nella sua purezza. Sempre senza esagerare, perché con il cioccolato, da buono a insostenibile il passo è davvero breve».


 

Vespa World Days

L'idea

Pontedera, ecco la Vespa a 6 posti. Com'è nata? Dopo un buon numero di birre...