Il Tirreno

Arte

Chianti, l’isola che non c’è

Sabrina Carollo
Chianti, l’isola che non c’è

Con una moderna Campanellino alla scoperta degli artisti su un van decorato. Ceramiche, collane di bacche e pitture rupestri per ossigenarsi con la creatività

07 agosto 2022
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L’isola che non c’è esiste e si trova nel Chianti. Qui una piccola colonia di artisti provenienti un po’ da tutto il mondo vive e crea i propri lavori distribuita entro una manciata di chilometri tra Tavarnelle e San Casciano, nutrendosi della magia del paesaggio e restituendo opere intense e spirituali. Che questa sia una terra feconda e benedetta per chi crea non è una novità: sin dai tempi di Leonardo, le colline tra Firenze e Siena, in cui uomo e natura si prendono per mano per intessere panorami armonici e suggestivi, affascinano le menti creative, che con l’arte esprimono aspirazioni più grandi di ciò che si vede. Ora però esiste una gioiosa Campanellino a guidare i visitatori alla scoperta di questi poetici bimbi smarriti, in un itinerario attraverso le coloniche che nascondono laboratori e atelier altrimenti non rintracciabili sulle mappe. Si chiama Bernadette Hampel, ed è una signora tedesca dai grandi occhi verdi che ha ideato la formula “Studio Tour Tuscany”: organizza piccoli gruppi (quattro/sei persone) che carica sul suo van decorato con ghirlande di fiori insieme a un cestino da cappuccetto rosso stipato di vino, formaggio e frutta, accompagnandoli in un percorso a tappe fatto di creatività, accoglienza e desiderio di condivisione. Perché entrare nella casa di un artista significa fare un passo in un mondo parallelo, accedere a una wunderkammer in cui scoprire non oggetti stravaganti ma un modo differente di guardare alla realtà, di cogliere aspetti della vita e della natura che dalla nostra prospettiva di frettolosi passanti generalmente non afferriamo. «Non è necessario acquistare qualcosa durante le visite», spiega Bernadette. «Non è questo lo scopo principale del tour. L’idea è piuttosto di attivare uno scambio, di offrire una nuova prospettiva di vita, una filosofia che a volte può sfuggire a chi vive in città o non frequenta abitualmente ambienti artistici».

Un incontro intellettuale ed emotivo che avviene sorseggiando un bicchiere di prosecco al fresco di un pergolato, discutendo di come nascono le opere dell’artista, dell’origine della sua ricerca e degli strumenti con cui si sviluppa. Una chiacchierata informale e piacevole da cui si esce nutriti non semplicemente dai deliziosi stuzzichini che Bernadette estrae dal suo cestino, ma soprattutto dalla profondità del lavoro di chi vive qui. E così si ha modo di capire come Dörte realizzi i suoi pezzi unici a partire dagli elementi che trova in natura – foglie, fiori, bacche – che poi trasforma in gioielli con resine e bagni galvanici, seguendo processi elaborati sospesi tra alchimia e allegoria; come Vincenzo intrecci le sue passate ricerche sulle pitture rupestri nelle grotte liguri ai lavori degli aborigeni, al linguaggio binario delle macchine e agli aiku per realizzare sculture che narrano il suo desiderio di connessione tra terra e cielo, tra uomo e cosmo; o come Angus, il marito di Bernadette, elabori i suoi dipinti che sanno di sacro e di infinito, in cui alberi e mare sono solo la parte più evidente di universi interi da scoprire.

E ancora si impara a conoscere il lavoro di Josephine, che compone immagini di una natura così strettamente mescolata all’intervento dell’uomo da rendere quasi indistinguibile il confine tra l’una e l’altro, e le ceramiche di Claudia, che trasmette nel gres un’idea archetipica di donna, quasi una dea da venerare come avveniva per le statue votive in terracotta dell’antichità.

Sono numerosi gli artisti che orbitano attorno al progetto di Bernadette, tutti aperti alla proposta di reciprocità che offre questo tipo di esperienza. Una mezza giornata in cui allontanarsi dal quotidiano e avvicinarsi alla parte più autentica di ciascuno, tenuti per mano da chi abitualmente si immerge nelle profondità della vita per trasmetterne i palpiti attraverso il lavoro delle proprie mani.

Il tour è gratuito per i bambini, proprio perché la filosofia di Bernadette è quella di offrire un servizio che faccia crescere le persone e la comunità umana. Utopico? Forse, ma coerente con le sue scelte di vita, di persona entusiasta e disinteressata.

«Ci siamo trasferiti qui undici anni fa, con due valige e una bimba di poche settimane», spiega ancora Bernadette. «Dopo quaranta giorni di grigio e pioggia berlinesi, Angus mi ha proposto di venire a scaldarci al sole di Firenze, dove lui aveva studiato arte qualche anno prima. Da allora non ce ne siamo più andati».

Nel frattempo, alla prima figlia si sono aggiunti altri quattro bambini che paiono tutti usciti da un libro di fate di Cicely Mary Barker e che ora saltellano per la colonica inondandola di allegria; e con loro sono arrivati i coniglietti, un docile cagnolone, tanti amici che passano a salutare e un pesantissimo torchio che Angus utilizza per realizzare le sue incantevoli stampe, arrivato direttamente dalla casa di Rembrandt ad Amsterdam con un viaggio che l’artista stesso racconta con grande divertimento per la difficoltà dell’impresa. I tour sono sia in italiano che in tedesco e inglese; informazioni e contatti sono rintracciabili sul sito studiotourtuscany.wordpress.com.


 

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