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Michael Schumacher, dieci anni fa il dramma di Méribel che l’ha reso prigioniero della sua incoscienza

di Cristiano Marcacci

	L'esultanza di Michael Schumacher dopo una vittoria
L'esultanza di Michael Schumacher dopo una vittoria

Il mondo ha sperato tra fake news e la clinica in casa: ma nessuno potrà svegliare il Kaiser

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Chi avrebbe potuto essere oggi, alla soglia dei 55 anni? Il general manager della Ferrari? Il direttore esecutivo della Mercedes Amg F.1 al posto di Toto Wolff (in quanto a simpatia la sfida sarebbe stata notevole)? Oppure, addirittura, l’amministratore delegato della Formula One Management, ruolo attualmente occupato da Stefano Domenicali?

Tutte ipotesi campate in aria, frutto di un gioco crudele, esattamente quanto un destino che gli girò improvvisamente le spalle, spazzando via in pochi secondi tutto quello che di dorato lo aveva avvolto e lo stava avvolgendo fino a quel momento.

Sono esattamente dieci anni che Michael Schumacher è stato inghiottito dal “grande sonno”. Che è prigioniero della sua incoscienza, tra le sbarre di una sorta di coma irreversibile che non gli ha mai concesso la minima speranza. La spessa cortina di riservatezza che gli è stata costruita attorno dall’amorevole moglie Corinna Betsch ha fatto sì che delle sue reali condizioni non trapelasse alcunché. L'ultimo bollettino medico ufficiale risale addirittura a sei mesi dopo il dramma di Méribel, quando sapemmo che dopo essere stato sottoposto a due delicatissimi interventi alla testa qualche ora dopo la caduta sugli sci, Schumi piombò nel coma per poi essere trasferito per un breve periodo in una clinica svizzera e, successivamente, a casa. Per il resto, tutte fake, dosate furbescamente qua e là per fare incetta di clic sul web e per accendere artificiosamente dei bagliori che, purtroppo, i medici non hanno mai riscontrato.

Il campionissimo, di vittorie e titoli ma anche e soprattutto di sfortuna (se non è sfortuna quella di farsi cancellare l’esistenza da una gobba su un pendio innevato, presa a poco più di venti all’ora, dopo anni trascorsi a trecento orari schivando colossali rischi dietro ogni curva...), non si è mai ripreso in tutto questo tempo. Nonostante l’enorme patrimonio economico messogli a disposizione, compreso l’allestimento di una vera e propria clinica privata all’interno della sua villa svizzera di Gland. Qui, in quest’ultima fase, i protagonisti sono diventati i fisioterapisti, anziché i rianimatori come fino a qualche tempo fa. La priorità è infatti quella di consentire al corpo di Schumi di mantenere un adeguato tono muscolare attraverso ripetute sedute di massaggi e neurostimolazioni durante la giornata.

Per il resto, non si può fare più altro. Michael è completamente immobile nel suo letto, non parla, non interagisce minimamente con l’esterno, non risponde agli stimoli. Anche se respira autonomamente, senza cioè il supporto di apparecchiature mediche. A lui parlano di continuo i familiari, l’ex assistente Sabine Kehme, passata negli anni scorsi alle dipendenze di Corinna, e quei pochissimi amici “autorizzati” a varcare qualche volta la soglia d’ingresso del villone-nosocomio. Tra questi continua a non mancare l’ex team principal della Ferrari Jean Todt, che talvolta ha assistito, seduto accanto al letto di Schumi, ai Gran premi di Formula uno proiettati su un maxi schermo nella stanza in cui si trova il tedesco, e l’ex collaudatore del Cavallino Luca Badoer. Proprio nei giorni scorsi, però, lo stesso Todt è stato costretto ad ammettere: «Non è ormai più il Michael di prima. Oggi appare completamente diverso, anche se è splendidamente sostenuto dalla moglie e dai suoi figli, che lo assistono ogni giorno in tutto e per tutto».

Nessuna parola in più sulle condizioni di salute. A questo proposito il fratello Ralf ha cercato di essere categorico: «La sua situazione clinica continuerà a rimanere una faccenda esclusivamente privata». Aggiungendo però in un’intervista alla Bild: «La vita a volte è ingiusta. Michael nella sua vita aveva avuto spesso fortuna, poi è arrivato quel drammatico incidente. Grazie a Dio, attraverso qualche cura moderna, qualcosa si è potuto fare, ma nonostante questo niente è come prima».

Il riferimento, con ogni probabilità, è al ciclo di trattamenti medici non tradizionali a cui l’ex pilota sarebbe stato sottoposto su indicazione del dottor Philippe Menasché, ossia il più grande luminare a livello mondiale per quel che concerne lo studio e l'utilizzo delle cellule staminali per le cure. Suo, infatti, il brevetto di un sistema di infusione per via endovenosa di un composto di sostanze terapeutiche preparate in laboratorio sulla base di cellule staminali. Né dalla famiglia né tantomeno dallo stesso Menasché è però mai arrivata una conferma su questo percorso terapeutico e su ipotetici trasporti in elicottero e ricoveri, sotto falso nome, di Schumacher all’ospedale Georges Pompidou di Parigi. Anche perché i trattamenti non avrebbero ottenuto l’effetto sperato, limitandosi ad agevolare il percorso verso la respirazione pienamente autonoma.

La cupola di silenzio su Gland è destinata a non essere squarciata. Dopo dieci anni da quella “maledetta” capocciata contro la roccia sporgente sulle nevi dell’Alta Savoia, dobbiamo solo rassegnarci: non vedremo più Michael in pubblico. Nessuno potrà svegliare il “Kaiser”.

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