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Il caso

Prato, negata l’estradizione al cinese accusato di omicidio: rischia la pena di morte

di Paolo Nencioni
Prato, negata l’estradizione al cinese accusato di omicidio: rischia la pena di morte

La Corte d’appello di Firenze ha respinto la richiesta di Pechino nei confronti dell’uomo arrestato per un delitto commesso nel 1989

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PRATO. Alla fine Pechino ha presentato la richiesta di estradizione, anche se oltre i termini, ma la Corte d’appello di Firenze l’ha respinta perché il cinese che doveva tornare in patria avrebbe rischiato una condanna a morte.

Questo l’esito dell’udienza di ieri, 4 dicembre, al Palazzo di giustizia di Firenze, dove si doveva decidere la sorte di Xie Binglong, un cinese di 53 anni che all’inizio di luglio era stato arrestato dalla polizia a Prato su richiesta della Cina. Pechino lo accusava di aver commesso un omicidio addirittura 36 anni prima, nel 1989. Secondo la magistratura cinese l’uomo, allora giovanissimo visto che ora dice di avere 53 anni, avrebbe ucciso un connazionale a coltellate per questioni economiche.

Di lui si erano ormai dimenticati tutti, ma non il sistema di ricerca dell’Interpol, che ha fatto scattare la luce lampeggiante rossa quando Xie è stato fermato dalla polizia. Nei suoi confronti infatti pendeva ancora una richiesta di arresto internazionale, che è stata eseguita dalla squadra mobile.

Questo succedeva all’inizio di luglio e dal giorno dell’arresto la Cina aveva 30 giorni di tempo per trasmettere una richiesta di estradizione. Alla metà di agosto ci si è accorti che la richiesta non era ancora arrivata e la Corte d’appello non ha potuto far altro che ordinare la scarcerazione di Xie Binglong, difeso dall’avvocato Alessandro Fantappiè.

La richiesta è poi arrivata, ma l’estradizione è stata negata perché l’Italia non rimanda indietro persone che nel loro paese rischiano la pena di morte.

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