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Montemurlo, le “scatole cinesi” degli albanesi: «Chiudono qui per riaprire di là»


	Il presidio dei lavoratori davanti all'azienda di Montemurlo
Il presidio dei lavoratori davanti all'azienda di Montemurlo

L’accusa del Sudd Cobas. Da tre giorni c’è un presidio dei lavoratori davanti a due aziende

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MONTEMURLO. Da tre giorni i lavoratori dell’azienda L’Alba srl, una stireria e confezione di via delle Lame a Montemurlo, presidiano i cancelli del capannone per difendere il posto di lavoro e i diritti conquistati in una precedente vertenza, che ora sono in forse.

Non è una delle tante battaglie degli operai pachistani contro gli imprenditori cinesi che hanno segnato gli ultimi mesi. A gestire la confezione e stireria sono imprenditori albanesi che lavorano per i grandi brand della moda.

«Fino allo scorso gennaio – si legge in una nota del sindacato Sudd Cobas che ha organizzato la mobilitazione – gli operai erano formalmente assunti dalla Forservice Srls, sebbene lavorassero nello stabilimento L’Alba e sotto la sua direzione. A loro era applicato il contratto di lavoro del settore pulizie, nonostante si trattasse di addetti allo stiro e al cucito, e alle paghe da fame si sommavano straordinari non pagati (erano costretti a lavorare gratuitamente tutti i sabati) e precarietà. Prima della Forservice Srls erano stati dipendenti della ReStiro Srl, che dopo alcuni mesi era sparita senza pagare Tfr, tredicesime, quattordicesime e istituti».

«Da subito – spiega il Sudd Cobas – abbiamo contestato che si trattasse di “società schermo”, indistinguibili tra loro, dietro cui si nascondeva sempre lo stesso imprenditore. Un sistema di “scatole cinesi” per risparmiare sul costo del lavoro. Dopo i primi scioperi, a febbraio veniva raggiunto un accordo che portava all’assunzione diretta dei lavoratori da parte de L’Alba Srl, alla loro stabilizzazione con contratti a tempo indeterminato e all’applicazione del contratto Tessile Industria. L’obiettivo dell’accordo era quello di chiudere la stagione dei finti subappalti e del lavoro irregolare. Ma le preoccupazioni sono tornate subito, quando nel mese di aprile una parte delle macchine da cucire e delle commesse di cucitura è stata spostata da via delle Lame in un nuovo stabilimento a pochi passi, in via Lecce. C’è voluto poco a scoprire che era intestato alla stessa ForService. La testimonianza che ci è arrivata dai lavoratori impiegati è drammatica: reclutati anche in altre città da un caporale e costretti a turni di dodici ore al giorno oltre che a vivere in una sorta di segregazione tra la fabbrica e l’alloggio fornito dallo stesso caporale».

A dirigere la produzione nello stabilimento di via delle Lame, secondo il Sudd Cobas, sono andati alcuni dei responsabili de L’Alba. Per questo ora c’è un picchetto anche in via Lecce.

«L’ipotesi di una imminente chiusura “di soppiatto” dello stabilimento di via delle Lame – accusa il Cobas – sembra confermata dal fatto che l’azienda, secondo le informazioni in nostro possesso, ha smesso di pagare da mesi il canone di affitto, mentre apriva questi altri due stabilimenti (sebbene intestati a diverse ragioni sociali) ».

«Si tratta di una situazione grave, che rischia di bruciare decine di posti di lavoro regolare sostituendoli con altrettanti posti di sfruttamento – sostiene il Sudd Cobas – Questo non avviene nelle filiere del pronto moda “cinese”. Ma nella filiera di noti marchi di abbigliamento, anche di alta fascia. Senza soluzioni, siamo pronti a coinvolgere i committenti nella vertenza». 

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