La tragedia
Prato, una mostra ricorda le vittime della Teresa Moda e le loro famiglie
Le foto di Stefano Morelli hanno catturato il dolore del dicembre 2013
PRATO. Intorno alla targa che ricorda le vittime della strage della confezione Teresa Moda (sette operai cinesi morti nell’incendio del 1° dicembre 2013) si è svolto un laboratorio con il fotografo Andrea Abati, allievo di Luigi Ghirri, per ripensare i Macrolotti attraverso l’arte. Ed è stata allestita una mostra con le opere del fotografo Stefano Morelli, che in quei giorni del 2013 ha catturato i volti e la lotta dei familiari delle vittime della strage. Le famiglie, arrivate dalla Cina, manifestarono inascoltate al Consolato cinese di Firenze e occuparono un pronto moda i cui titolari erano connessi ai padroni del Teresa Moda, per chiedere giustizia e gli stipendi non pagati per poter sostenere i costi dei funerali. Questo presidio, che in pochissimi raccontarono e in ancora meno sostennero, fu alla fine sgomberato dalla polizia.
La mostra “Fuori fuoco. Volti e voci da Teresa Moda”, promossa dal sindacato Sudd Cobas, rappresenta, spiega il sindacato, «la voglia di riscatto di operaie e operai cinesi che hanno provato a dire “Mai più” e sono stati lasciati soli. Una storia cancellata dalla Storia, che è nostro dovere ricordare. Una tragedia, che al suo interno ne contiene molte altre».
«La tragedia delle sette persone morte nell'incendio della fabbrica dove dormivano. Impossibilitate a uscire perché chiuse dentro dal padrone, con le sbarre alle finestre che ne hanno impedito la fuga. La tragedia delle loro famiglie, costrette a lottare per vedere riconosciuto uno dei diritti più basilari della società: il rispetto per le persone care che non ci sono più. La tragedia della giustizia assente, incapace di condannare in via definitiva i proprietari dei capannoni, inizialmente ritenuti responsabili per la morte di queste persone, di cui conoscevano perfettamente le condizioni di lavoro e di vita su cui hanno macinato miliardi grazie agli affitti. La tragedia che si consuma ogni giorno nelle fabbriche pratesi, in cui migliaia di persone lavorano 12 ore al giorno, 7 giorni su 7. Persone vive, a cui però viene impedito di vivere».
«La mostra – sostiene ancora il Sudd Cobas – getta luce sulla verità di quelle persone descritte come "lavoratori fantasma" da chi alimenta la narrazione di una comunità cinese chiusa e impermeabile, dove le persone "si auto-sfruttano" e rifiutano di farsi aiutare. Un'esposizione che mostra senza veli la realtà della mobilitazione spontanea di donne e uomini alla ricerca di giustizia, che hanno occupato una fabbrica, dormendo in loculi simili a quelli che furono fatali ai loro parenti per essere sgomberate dalla polizia. Oggi si sprecano i “Perché i cinesi non si ribellano?”. Ma in tanti, nei palazzi istituzionali, dovrebbero chiedersi: “Cosa abbiamo fatto quando si sono ribellati?”».
«Il presidio permanente a difesa della targa va avanti per aprire una trattativa con la proprietà che garantisca la preservazione del memoriale – conclude il Sudd Cobas –Ancora oggi, da parte di chi possiede i capannoni, l’unico riscontro arrivato è stata la minaccia di denunce verso il sindacato. Questa città ha bisogno di capire da che parte stare».