Prato, colpo all’evasione fiscale: confiscati 4 milioni di euro
I beni rischiavano di rientrare in possesso dei presunti evasori a causa della prescrizione, ma la Procura ha giocato d’anticipo
PRATO. Alcuni imprenditori cinesi a cui era stata contestata un’ingente evasione fiscale stavano per rientrare in possesso di beni per un valore di 4 milioni di euro, sottoposti a sequestro nel corso delle indagini, ma se li sono visti sparire da sotto il naso all’ultimo momento, quando ormai stavano per rientrarne in possesso.
Lo ha reso noto ieri il procuratore Luca Tescaroli illustrando un’operazione compiuta dalla Procura in collaborazione con la guardia di finanza e l’Agenzia delle entrate. Si tratta di una delle prime applicazioni del protocollo firmato lo scorso 5 dicembre tra Procura, Agenzia e Finanza e finalizzata allo scambio di informazioni per combattere il fenomeno dell’evasione fiscale, che a Prato è diventata endemica, soprattutto nel cosiddetto “distretto parallelo”.
I beni per un valore di 4 milioni di euro sono stati confiscati, confluendo nel Fondo unico di giustizia e dunque, salvo sorprese, non potranno più rientrare in possesso degli imprenditori accusati di aver evaso le imposte. La confisca, spiega ancora la Procura, è stata eseguita ai sensi del Dpr 602/73, in particolare come disposto dall’articolo 72 bis, che disciplina il pignoramento dei crediti verso terzi. Dunque la Procura è andata a cercare i crediti vantati dagli indagati verso altri soggetti e li ha sottoposti a confisca.
Alla base di tutto, come detto, c’è una grande evasione fiscale contestata agli imprenditori cinesi, che deriva dal contrabbando di tessuti e da una serie di reati societari e tributari realizzati anche grazie all’emissione di fatture per operazioni inesistenti. Nulla di nuovo sotto il sole, insomma: il noto sistema usato da alcuni imprenditori senza scrupoli per non pagare le tasse.
Spesso chi architetta questo tipo di evasione fiscale confida anche nella lentezza della giustizia, che in effetti anche stavolta è stata particolarmente lenta, visto che la stessa Procura spiega che per quanto riguarda le contestazioni penali si era vicini alla prescrizione dei reati.
Se fosse scattata la prescrizione i presunti evasori avrebbero potuto rientare in possesso di 4 milioni di euro, ma il protocollo firmato a dicembre tra Procura, Agenzia delle entrate e guardia di finanza serve proprio a questo, a scambiarsi informazioni per non arrivare troppo tardi. E in questo caso sembra aver funzionato.
Da un punto di vista formale c’era da superare uno scoglio. L’Agenzia delle entrate, infatti, pur essendo titolare del credito erariale nei confronti dei presunti evasori, non aveva titolo per agire autonomamente sulle somme vincolate in sede penale dopo il sequestro preventivo. Serviva un’esplicita autorizzazione dell’autorità giudiziaria, che è arrivata in tempo, consentendo di procedere alla confisca dei beni.
«Il risultato conseguito – fa notare la Procura in una nota – rappresenta non solo un importante ritorno per gli interessi finanziari dello Stato, ma anche un esempio concreto di tutela avanzata del credito erariale e costituisce un segnale all’imprenditoria cinese che opera nella legalità: il crimine non paga».