Prato, col divorzio il figlio è affidato al padre a Roma. «Un’ingiustizia»
La madre: «L’ho cresciuto da sola per 14 anni e ora?»
PRATO. È un caso più raro che unico. Una sentenza di divorzio contenzioso che arriva a dieci anni dal momento della separazione e con i giudici del Tribunale di Prato, presieduto da Michele Sirgiovanni con giudice a latere Costanza Comunale, che decidono di affidarsi completamente al consulente tecnico di ufficio per decidere il futuro del figlio minore della coppia.
E, pur ritenendo entrambi i genitori idonei nel loro ruolo educativo e quindi di privilegiare l’affidamento condiviso, tuttavia hanno stabilito che il figlio, oggi quasi quindicenne, lasci la madre e i nonni, oltre agli amici e ai tanti interessi creati in questi 14 anni e mezzo a Prato e vada a vivere dal padre che abita a Roma e ha una nuova compagna e un’altra figlia avuta nel frattempo. «Dopo la sentenza mio figlio è partito per Roma a fine agosto – racconta la signora Rossana (nome di fantasia) – E lo avrei accettato, me ne sarei fatta una ragione, se ci fosse andato volentieri. E invece mi chiama sempre e mi dice che vuole tornare a Prato e che lì non ci vuole stare e che è pronto a scappare. Mi chiedo come sia possibile che un consulente possa decidere di togliere un figlio a una madre con cui ha vissuto per quattordici anni. L’ho cresciuto io da sola, ha ottimi voti a scuola, è sano e fa sport. I giudici affermano che non ci sono motivi ostativi al fatto che io possa svolgere la funzione genitoriale ma per il consulente deve essere affidato al padre che vive a oltre trecento chilometri da dove mio figlio ha finora vissuto. È in un’età adolescenziale molto critica e sradicarlo non solo da me e dai nonni ma anche dai suoi amici potrebbe creargli seri problemi. Farò tutto il possibile perché questa decisione venga annullata». Una sentenza che la signora vede come una grossa ingiustizia anche se dispone che il minore trascorra due fine settimana al mese con lei.
E c’è un altro aspetto che la signora non riesce a comprendere: «Col mio ex marito c’è una causa penale in corso per maltrattamenti – dice – Mi chiedo come sia possibile che lo abbiano affidato a lui senza tener presente i suoi comportamenti violenti che ho denunciato. Forse, il fatto che lui indossi una divisa ha condizionato qualcuno?» dice la signora Rossana facendo intendere che teme che l’ex marito, che è un appartenente alle forze dell’ordine, possa avere delle conoscenze che potrebbe aver sfruttato in questa questione privata.